“Gates Notes” – il blog scoperto per caso [Flash post]

GatesNotes

Ora…, vi è mai capitato di fare una sorta di scoperta dell’acqua calda?
(Oppure di rendervi conto che vi passano davanti al naso degli “elefanti” senza che – a momenti – ve ne accorgiate?)
Ebbene, a me – negli ultimi tempi – accade con una frequenza preoccupante…
Ed oggi ho avuto una ulteriore conferma.
Spiego…

Oggi (poco fa) – grazie ad un breve articolo de Linkiesta – ho scoperto il blog di Bill Gates (Gates Notes).
Scoprendo anche che ha un canale You Tube e che è un grande lettore di libri.

Bellissimo il video nel quale (in sembianze Lego) elenca i suoi libri preferiti dell’anno che si sta andando a chiudere (lo puoi vedere qui sotto).
(Bellissimo anche come “escamotage” per bypassare in modo creativo il parlare davanti ad una telecamera… e chi è introverso sa perfettamente di cosa sto parlando…)

Ebbene, interessante scoperta del giorno il suo blog.
Che mi accingo quindi a seguire con attenzione.
(Meglio tardi che mai…)

Buona lettura e buona visione!

(PS: ho anche molto da imparare dal suo mini-video di 1 minuto e mezzo nel quale parla di ben 5 libri… Io, che per parlare di un libro ci metto anche 8-9 minuti…)

[Immagini tratte dal blog di Bill Gates]

Sulla resilienza

Trabucchi 3

Sabato sono stata ad una giornata di formazione organizzata da La Grande Differenza, che ha ospitato Pietro Trabucchi e Gabriela Monti.
Il corso trattava l’argomento “Resilienza”, quella caratteristica che (cito testualmente dal sito di Pietro Trabucchi):

“[…] è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino. Il verbo “persistere” indica l’idea di una motivazione che rimane salda. […]”

Tre anni fa avevo letto i due libri di Trabucchi “Resisto dunque sono” e “Perseverare è umano“: mi erano piaciuti molto.
L’autore, attraverso le sue pagine, era stato in grado di farmi riflettere e di motivarmi.
Con semplicità, chiarezza, pragmatismo e determinazione.

Non ho potuto quindi non cogliere questa opportunità, creata da Francesca Gazzola e Sebastiano Zanolli, che mi ha permesso di ascoltarlo dal vivo e di testare sulla mia pelle la resilienza, portandomi a casa riflessioni, strumenti e qualche fardello in meno (grazie alla parte esperienziale in forma di percorso sportivo, che mi ha fatto sperimentare cose interessanti).

Infatti il confronto con la fatica, con il sudore, con la percezione cognitiva (e la sua prestazione strettamente legata alla fatica fisica), mi hanno fatto avvicinare (e anche superare in alcuni casi) dei limiti. Ridimensionando – in parallelo – idee e pensieri ruminanti.

E domenica mattina, dopo una robusta dormita, ho ripercorso mentalmente la giornata precedente, tracciando una sorta di bilancio e rendendomi conto che – col tempo – mi sto abituando ad ascoltare il mio corpo e a fare dei check come se stessi testando lo stato di funzionamento senza soluzione di continuità.

Ebbene – nel corso della giornata – ci sono stati dei momenti intensi di attività fisica che hanno messo a dura prova (in me) capacità fisiche e capacità mentali.

Ed ero consapevole che, a mano a mano, che avanzavo nel percorso e la fatica iniziava a farsi sentire, io ottimizzavo.
Escludevo alcune informazioni per concentrarmi su altre, secondo schemi e ordini di priorità che stabilivo, via-via che si progrediva.

Trabucchi1

Era come se gradualmente entrassi in modalità risparmio energetico ed indirizzamento delle risorse verso precise aree, volte a perseguire alcuni obiettivi.
Alzando anche il livello di ascolto sul corpo, per tenere sotto controllo i livelli di impegno nei confronti dei miei limiti fisiologici/mentali (in sostanza l’ordine interno era: “Fai, mettiti in gioco, misurati, dai il massimo ma non fare il fenomeno!”)

E nel pomeriggio di sabato – durante la parte teorica – ascoltavo anche come il fisico stava metabolizzando la fatica della mattina, registrando delle sorprese: mi è sempre stato detto che la muscolatura delle mie gambe è più forte rispetto agli altri muscoli – ebbene, è stato il primo distretto muscolare che ha ceduto; ho sempre considerato gli addominali la parte più debole del mio fisico – ebbene, sono quelli meno affaticati [anzi, praticamente sono quelli quasi non affaticati]; le braccia (e le spalle, che temevo di più) sono sì indolenzite, ma stanno bene [stanno meglio del previsto].
E le capacità cognitive (diciamo la “lucidità mentale”), durante il percorso di resilienza sono andate in risparmio energetico, spingendomi a concentrarmi su poche cose importanti (per me). E facendo emergere una sorta di nitidezza mentale, governata dal “fregatene di questi dati aggiuntivi, concentrati solo su queste altre cose”.

E’ stata una esperienza molto interessante.
Che paradossalmente mi è servita anche per ricordarmi che dare le cose per scontato può riservare delle sorprese, e che non sempre ciò che appare è reale.

Ne è valsa la pena.

Queste giornate mi sono utili.
Sono giornate dove spezzi e capovolgi il ritmo, anche in modo forte.
E servono a rimettere in linea le cose, servono a ripristinare un ordine di priorità e farti riflettere, facendoti ripartire con il piede giusto.

Negoziazione e Persuasione

2014-03-12 21.46.12 (1)Lo scorso weekend (8-9 marzo) sono stata alla due giorni di Performance Strategies relativa alla Negoziazione e Persuasione.
Un weekend di formazione che ha visto alternarsi sul palco (in ordine di avvicendamento): Sebastiano Zanolli, Emanuele Maria Sacchi e Paul McKenna (quest’ultimo per tutta la giornata di domenica).

E’ stata la mia prima esperienza con Perfomance Strategies e confesso che l’ho affrontato con un po’ di timore dovuto ad un presupposto (al buio) fatto di perplessità verso un mondo della formazione che lavora sugli alti numeri di presenze.
(Abituata come sono a frequentare corsi con circa 30-40 persone massimo in aula)
Per fortuna che ho vinto le resistenze pre-partenza, che mi facevano pensare al weekend come ad un qualcosa di faticoso.
Infatti è andato tutto bene. Com’era d’altronde prevedibile.
Organizzazione perfetta. Aula con postazioni comode. Spazi allestiti in modo che non ci fosse affollamento.

Ma veniamo ai relatori.
Sebastiano Zanolli, che seguo da un paio di anni frequentando i suoi corsi, resta una conferma ed una certezza.
Ha parlato della Gestione dei Conflitti in azienda ed è stata una continua fonte di spunti di approfondimento, nel suo inconfondibile stile dinamico e vulcanico. (Spesso mi succede di non catturare tutti i concetti al momento del suo intervento, ma di vedermeli emergere a distanza di qualche giorno).
La questione dei conflitti mi è particolarmente “cara”, essendo un mio punto debole.
Come persona molto emotiva, spesso mi trovo a doverla gestire in momenti professionali di particolare tensione (ormai quotidiani).
E ascoltandolo ho preso anche consapevolezza del fatto che spesso uso il conflitto come sistema estremo di risoluzione dei problemi… Ossia quando vedo che non se ne esce e le dimensioni dell’“elephant in the room” (citato da Zanolli) assume dimensioni notevoli, mentre le figure coinvolte fanno finta di non vederlo.

Nel pomeriggio di sabato è stata la volta di Emanuele Maria Sacchi, che ha parlato di Negoziazione.
Per me era il relatore-novità, non conoscendolo e non avendolo mai ascoltato prima.
Ed in fase di decisione di iscrizione al corso ero andata a cercare in rete qualcosa su di lui: avevo trovato un video di circa venti minuti, che avevo seguito con attenzione.
Lo stile oratorio e la pacatezza, la misura e la precisione nella esposizione, mi hanno convinto.
L’apertura del suo intervento è stata molto emozionante, catturando l’attenzione di tutta la platea.
Il suo intervento poi è proseguito affrontando ed esaminando le “best practice” negoziali per mediare con il cliente, attraverso un uso accurato e scientifico delle domande.
Ha fatto anche una digressione attorno al networking mirato agli affari, e qui – forse – non mi sono trovata totalmente d’accordo in quanto considero il networking come una attività di relazione e di condivisione. Non riesco a vederlo fatto “in funzione di”.

E domenica è stato il “Paul McKenna Day“.
Grande attesa e curiosità (mia) di voler ascoltare dal vivo la persona della quale ho letto i libri e sperimentato i CD.
E dopo una fase iniziale di “riscaldamento”, nella quale abbiamo anche lavorato parecchio, il gran finale è stato il momento nel quale abbiamo sedimentato e consolidato quanto appreso in tema di Persuasione (la materia da lui trattata). Argomento scottante, visto il significato negativo e manipolatorio che il termine si porta dietro. Infatti McKenna ha sottolineato più volte l’importanza della onestà, della integrità e della verità.
Nonostante il numero elevato di presenze (circa 400), ha condotto il suo workshop in modo magistrale, interagendo col pubblico, facendoci scrivere, muovendosi nell’aula e padroneggiando lo spazio con maestria.
Insomma una conferma della sua fama e moltissimi spunti ed informazioni, tutt’ora in fase di metabolizzazione.

Cosa mi sono portata a casa da questo weekend?
Una folgorazione sulla via di Damasco per quanto riguarda la frase memorabile con la quale presentarsi (stile titolo di giornale). M’è venuto un flash e la frase si è presentata così, pronti via. Ora verifico se affinare le parole per renderla più di effetto… (Ma penso vada bene così)
Un block-notes pieno di appunti che riguarderò fra qualche giorno. Per dare tempo di sedimentare.
Il bagaglio di convinzioni ed informazioni trasmesse da Paul McKenna, che stanno lavorando in profondità.

Qui sotto il video che ho registrato a caldo, alla sera tardi, subito dopo il rientro da Bologna (il volto stanchissimo tradisce l’intensità del weekend; ma ho preferito lasciarlo così con incertezze e difetti): buona visione

Manuel Castells – appunti in libertà

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Questa sera ho seguito in streaming la conferenza che Meet the Media Guru ha organizzato con Manuel Castells.
Bella esperienza (per me che mi considero ancora una neofita del web), utilissima e ricca di stimoli. Due ore dense di informazioni, di citazioni di ricerca e di tanto altro ancora.
Di seguito gli appunti presi durante la conferenza… Lasciati così, come sono stati presi, nella immediatezza del momento… Utilizzando tutti i dispositivi possibili esistenti per condividere in tempo reale su Twitter.

Generare idee e contenuti.
Cultura digitale.
Negli anni 90 Castells anticipava i concetti di condivisione in rete (mentre noi combattevamo con i nostri modem…)
Maria Grazia Mattei innovatore culturale e agitatore digitale/sociale [Manuel Castells]
Io faccio ricerca, mi interessa la ricerca. Non faccio politica.
Questa crisi non è globale perché il 70% del mondo sta crescendo molto velocemente.
“After math”, libro appena pubblicato a Londra.
Cultura economica alternativa: la vita nuova e migliore la voglio vivere adesso, non dopo la rivoluzione!
Ricerca sofisticata sulle dinamiche economiche nuove, tramite – per esempio – “la banca del tempo”.
Reti di “divise” sociali, valute sociali.
Siamo sempre più liberi dalle banche rispetto al passato.
Movimenti sociali dell’era internet. Internet è una piattaforma sociale utile per la diffusione di questi movimenti.
Prevedere il passato. Verificare i nostri concetti sulla base di ciò che è avvenuto.
La nascita di questi movimenti avviene in genere in seguito ad una crisi. Sulla base di come viene gestita la crisi dai governi. Outrage. Indignazione.
Persuasione e coercizione. O noi aderiamo alle idee che ci vengono date e sviluppiamo una mentalità. Oppure vengono usati sistemi più duri di coercizione.
La battaglia più importante per il potere è sempre stata per la comunicazione.
Se cambia il processo di comunicazione, cambiano anche i nostri cervelli.
Auto comunicazione di massa, supportata da internet e dai dispositivi mobili. È cambiata di conseguenza anche l’organizzazione della comunicazione.
Internet è una piattaforma organizzativa che riesce ad elaborare una forma di comunicazione (favorita la comunicazione orizzontale).
Comunicazione verticale: tivù.
Intelligenza affettiva: se prendo esempio delle emozioni collettive, quello che fa scattare la molla è la “rabbia”. Il “timore” crea ansia e reprime. La paura è l’emozione più importante nel controllo.
Togetherness: Il collante dei grandi processi è la comunità, lo stare insieme.
Caratteristiche fondamentali: sono delle reti (in tante forme: internet, ma dalla strada parte tutto… Internet ci fornisce delle piattaforme di autorganizzazione di comunicazione, reti online e offline… Tante forme di associazione spontanea… Non c’è bisogno di una leadership centralizzata…)
Il movimento è molto difficile da sostituire: non ha regole precise. Le reti non sono vulnerabili perché non sono facilmente identificabili.
Le comunicazioni virali non sono facilmente tracciabili.
La leadership non è centralizzata.
I movimenti sono globali e glocali.
La sfera pubblica è nella comunicazioni. Stare insieme. Creare una comunità.
I movimenti non sempre hanno idee condivise. Possono avere idee da condividere, dissensi da condividere ed un progetto da creare.
Mancanza di obiettivo specifico. Il punto di debolezza è che non si capisce per cosa stai combattendo. Il punto di forza è che tutti quanti possono partecipare al movimento. Open-ended.
Non mi posso organizzare se sono un anarchico. Nel momento in cui mi organizzo non sono un anarchico.
I movimenti sociali sono quelli che dicono di essere. Vogliono difendere e proteggere i bisogni della gente. Difendendo la dignità e libertà della gente.
Le utopie sono i punti di partenza, incarnandosi e diventando parti delle menti delle persone. Concretizzandosi in qualcosa.
Movimenti arizomatici: il rizoma è internet. Espansione arizomatica.
Ogni cambiamento di politica deve passare attraverso le istituzioni politiche. La politica deve quindi aprirsi. Ed i valori non negoziabili dei movimenti, sono molto importanti e diventerà inevitabile confrontarsi con loro.
I governi ora stanno agendo come dei robot (con da un lato un dio divoratore con le fauci spalancate che è il mondo finanziario), ma di fronte hanno visi, gente con valori e bisogni.
Controllo delle persone sulla propria vita. Approccio olistico alla nostra vita. Con i movimenti si può intervenire nel miglioramento dello stile di vita e nella salute della gente.
Imprenditorialità: piccole e medie imprese offrono opportunità. Non le grandi corporation: troppo verticalizzate, mastodontiche. Formazione, politiche di crescita e mentalità imprenditoriale (essere imprenditori di sé stessi). Auto-imprenditorialità.
I cambiamenti politici possono avvenire solo attraverso una spinta dal basso.
Tanti semi che possano generare nuovi alberi e nuovi cambiamenti.

William Ury ed il No Positivo

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Immagine tratta da Hi Performance – www.hiperformance.it

“Lo scopo di una negoziazione non è necessariamente trovare un accordo”

Venerdì 12 ottobre ho avuto la fortuna e l’opportunità di partecipare a Vicenza all’evento organizzato dal Club Mondiale della Formazione e Hi Performance: il convegno sul “No positivo” condotto da William Ury.

Sul No positivo, Ury ha scritto anche un libro (edito in Italia da TEA libri) che per me rappresenta uno dei testi cardine del mio processo di formazione e crescita personale.
Lo lessi nel 2008 e mi ricordo che i suoi contenuti (così semplici eppure così efficaci) rappresentarono un sorta di “folgorazione sulla via di Damasco”.

La semplice ed efficacissima struttura a sandwich del Sì-No-Sì (che si ritrova anche nella costruzione dei feedback: positivo-migliorabile-positivo), che rende più forte/ancorato (ed anche più “digeribile” per la controparte) il rifiuto ad una situazione, una proposta, o altro, fu per me risolutiva in una situazione in particolare, e fu un cambio di paradigma non indifferente.
Mi aiutò a comprendere se mi trovavo davanti a dinieghi validamente supportati (da ragioni condivisibili o meno) oppure se mi trovavo davanti a mere reazioni emotive. [E questo non solo riferito a decisioni altrui, ma anche a mie decisioni.]

Venerdì quindi ho riannodato i fili del discorso, ricordando quei concetti letti quasi quattro anni fa (e tuttora ben presenti nella mia testa, anche se non sempre utilizzati), e ascoltando anche nuove argomentazioni e aneddoti che, con qualche anno in più di esperienze e di formazione sulle spalle, vanno ad innestarsi nell’insieme delle conoscenze acquisite e che verranno acquisite in futuro.

La piacevolezza e fluidità dello speech di Ury (che ha tenuto il palco per 6 ore senza dare segni di cedimento, parlando un inglese comprensibilissimo) è stato un ottimo veicolo di trasmissione e trasferimento di informazioni importanti, composti non solo dal “mantra” Yes-No-Yes, ma anche del concetto (che suona bene in inglese) del “Go to the balcony” (vai in terrazza a prendere una boccata d’aria): ossia la sospensione di giudizio, l’interruzione di schema ed il distacco emotivo (uno dei nodi che devo ancora sciogliere), utili per riposizionare le pedine e trovare soluzioni alternative, quando la faccenda pare insormontabile.
Senza dimenticare un altro concetto fondamentale (almeno per me): “Put myself in his/her shoes”, ossia mettermi nei panni altrui (del mio interlocutore) cercando di comprendere quali sono le motivazioni profonde ed i valori che stanno alla base di determinate scelte e assunzioni di posizione.

Tutti strumenti utili ed applicabili in qualsiasi contesto lavorativo e di vita.

Di Ury conserverò anche l’immagine di una persona molto semplice, di grande contenuto e sorridente (sono rimasta colpita dalla costante presenza del sorriso sul suo volto, un sorriso spontaneo, assolutamente non costruito).
È stato un piacere ascoltarlo. Ed è stato bello potere ascoltare dalla sua viva voce quei concetti che tanto mi avevano colpito quattro anni fa, e che hanno costituito un mattone importante nella costruzione di qualcosa di nuovo.

“Yes-No-Yes” – “Go to the balcony” – “Put myself in his/her shoes”
Questi sono i 3 concetti (i 3 strumenti) che mi porto a casa da questa giornata di alta formazione.

Ora devo approfondire l’argomento leggendo anche gli altri libri da lui scritti.

Infine ringrazio Sebastiano Zanolli (membro del Club Mondiale della Formazione) e la sua “La Grande Differenza” per avere organizzato un gruppo per poter assistere a questo evento.

“Un No detto con la più profonda convinzione è meglio di Sì detto semplicemente per cortesia o peggio ancora, per evitare problemi.” [Mahatma Gandhi]

Piantala di essere te stesso! – il seminario

Piantala di essere te stesso

Sono di ritorno da un weekend di “formazione personale” che si è svolto a Nimis (in provincia di Udine).

Il seminario si è basato sulla struttura di un libro intitolato “Piantala di essere te stesso!”.
È stato tenuto dallo stesso autore: Gianfranco Damico (coach e scrittore) ed organizzato da Claudio Marchiondelli.

Del libro (letto quasi un anno fa) ne ho già parlato in un altro articolo.
Oggi condivido l’esperienza del seminario.

È stato un ripasso dei contenuti del libro, un ampliamento degli argomenti ed un potenziamento della comprensione dell’importanza del linguaggio e delle dinamiche mentali.
Per me è stato motivo di ripresa di alcuni concetti, di intuizioni profonde e di incrocio di dati e conoscenze che – in questi anni – sono avanzate in ordine sparso e (apparentemente) scollegate tra loro.

Collegare tra loro la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) alla Linguistica, al Coaching, alla Fisica Quantistica e alle Neuroscienze costituisce un allargamento dei propri confini di conoscenza.
Se poi si innestano anche i concetti lasciatici in eredità dalle filosofie orientali millenarie e dai filosofi che dall’antica Grecia giungono fino a noi, davanti a te si distende un universo del sapere (in continua espansione) capace di rovesciare punti di vista della realtà e capace di modificare profondamente opinioni che ci hanno condizionato sino ad oggi.

Tante sono le cose che mi hanno colpito. Una per me molto importante, è il sistema delle posizioni percettive (non smetterò mai di imparare da questo sistema): in una situazione di conflitto interlocutorio, l’avere la capacità di spostarsi dalla posizione percettiva soggettiva, a quella dell’interlocutore, alla “terza posizione” (osservando dall’esterno), è sempre fonte di comprensione di cosa e come possono essere letti eventi che sono per noi fonte di frustrazione.

Sì certo, questi weekend costano fatica e impegno.
Significa mettersi in discussione e fare scoperte a volte sgradevoli, ma che sono presagio di cambiamenti migliorativi (prendendo coscienza dei propri limiti).

Tornando a casa mi sono ritrovata a sentire un po’ di malinconia per questo bel weekend passato insieme a vecchie e nuove conoscenze. È come se – venendo via – avessi perso qualcosa.

Ma cambiando il punto di vista (la prospettiva) si può leggere invece una creazione di nuovi legami, un rinforzo di legami esistenti ed un ampliamento dei propri orizzonti intellettivi senza pari.

Continuando un viaggio che non avrà mai fine, perché sempre latore di nuove conoscenze…

“In me non c’è che futuro” – Adriano Olivetti

Adriano Olivetti

“La Olivetti di Adriano era una comunità di apprendimento”

Ieri sera ho visto il film di Michele Fasano su Adriano Olivetti, “In me non c’è che futuro”, grazie ad un articolo pubblicato sul blog di Mauro Baricca.

Mi piace molto ascoltare e leggere di storie di uomini e donne che hanno fatto (e fanno) la differenza nella vita, nella quotidianità e nel mondo del lavoro. Sono – per me – una costante fonte di apprendimento e di crescita.

Qui ho ascoltato la storia della Olivetti e ho ascoltato – dalla viva voce dei protagonisti – l’efficacia dei metodi adottati, estremamente all’avanguardia per l’epoca.
(Ascoltando, per esempio, i metodi utilizzati dalle Risorse Umane, pensavo che – oggi – non è stato inventato nulla.)

Ne viene fuori una Impresa dove era benvenuta la contaminazione culturale, la crescita e soprattutto la centralità della persona.

Quello che mi ha fatto riflettere molto è che la Olivetti ha attraversato momenti storici di grande fermento culturale ed industriale, ma anche momenti di grandissima difficoltà (le Guerre Mondiali, il Fascismo, il 1929), e che grazie alle idee di un uomo, di un grande uomo, ha attraversato indenne tempeste, proseguendo nel suo percorso e crescendo.
Qui si tratta di mecenatismo, mente illuminata e imprenditorialità.
E di assoluta mancanza di confini (mentali e fisici) nel confrontarsi con altre culture, portando con sé – in azienda – ciò che di buono trovava nel suo percorso esplorativo.
Qui si tratta della persona e delle sue idee.
Della sua capacità di gestire ed interfacciarsi con la realtà.

“Siamo stati abituati a discutere. Non a obbedir facendo.”: una bella testimonianza di Giovanni Truant, che – aggiunge – in questo modo “costringeva” ad una assunzione di responsabilità da parte di tutti.

Un film-documentario da tenere in videoteca e da riguardarsi ogni tanto, per ripassare alcun concetti.

Grazie a Mauro Baricca per la sua segnalazione.
Per leggere il suo post, cliccare qui.

A lezione di Personal Branding e Talento

“Con l’obiettivo di costruire una solida immagine di se.
Con l’obiettivo di non arrestarsi ad un metro dal traguardo.
Con l’obiettivo di abbandonare porti sicuri per conoscere nuove realtà.
Con l’obiettivo di muoversi ed essere nomadi per andare ad imparare da chi ne sa più di me.
Il tutto coi giusti tempi e ritmi, ma senza essere troppo lenti, e fidandosi dell’istinto.
Andiamo incontro al 2012…” [appunti dalla Timeline di Facebook – 21 dicembre 2011]

La riflessione che ho riportato qui sopra, scritta alla fine del 2011, rappresenta la traccia che spero di perseguire in questo 2012 (annusando la rete e restando ricettiva alle proposte che – confido – di incrociare lungo il corso dell’anno), con l’obiettivo di mantenere aperto un percorso di formazione permanente, che esuli da corsi di specializzazione meramente tecnici.

La partenza è decisamente ottima: ho ascoltato Massimo Lumiera in una Master Lecture di Casa Imbastita Campus (e venerdì prossimo parteciperò alla presentazione della nuova sede del Piemonte) e sabato scorso sono andata a Villafranca di Verona, ad ascoltare Sebastiano Zanolli sul Personal Branding (nella cornice del bellissimo Museo Nicolis).

Avevo già avuto modo di ascoltare Sebastiano per mezza giornata durante un corso residenziale a Livorno, restando con la necessità di voler sapere di più (troppo poco tempo con troppa carne al fuoco). E ho colto l’occasione di questa giornata di formazione per tornare ad ascoltarlo, per imparare qualcosa di più che uscisse dai confini del digitale (di cui avevo ascoltato da Luigi Centenaro in un Coaching Lab).

E’ stata una giornata ricca di spunti e riflessioni.

Museo Nicolis - Immagine tratta dal sito www.gardalake.com
Immagine tratta dal sito www.gardalake.com

Sebastiano ha condiviso idee su come procedere nella costruzione del proprio Brand, suggerendo trucchi del mestiere, domande strategiche da porsi ed indicando quali possono essere gli errori più comuni nei quali si rischia di scivolare.

La presenza di Simone Ardoino di Creare Passaparola, è stata occasione per un rapido excursus sui social network più comuni (fonte e porta di accesso ad infinite possibilità, avendo cura di ciò che si condivide…).

Insieme ad un gruppo variegato di persone (provenienti dagli ambiti professionali più disparati: dal web, al tecnico, all’assicurativo, al design, alla moda,…), si è ragionato, si sono condivise esperienze lavorative e abbiamo acquisito tutti qualche strumento in più, da mettere nella nostra cassetta degli attrezzi e da utilizzare per costruire qualcosa di nuovo o di diverso.

Ed oggi, riflettendo sull’esperienza vissuta, ho pensato che un fondamento importante da tenere presente, la base di partenza, è comunque essere sé stessi (con le proprie caratteristiche che ci distinguono dagli altri, le nostre unicità, i nostri valori), essere congruenti (pensare ciò che si fa e fare ciò che si pensa), ascoltarsi ed apprezzarsi per quello che si è (nelle innumerevoli sfaccettature create dalla nostra esperienza).

Perchè sì, va bene, imparare tecniche di costruzione e affinamento del proprio Brand (inteso come persona fisica). Va bene, costruire a tavolino la “gioiosa macchina da guerra”. E va bene, imparare le tecniche di estrazione del proprio talento.

Ma quello che ci distingue dagli altri è la nostra unicità: tutto un bagaglio di esperienze professionali e non, che – stratificandosi – ci hanno formato e ci hanno reso unici. Secondo me questo costituisce le fondamenta per scovare i nostri talenti e costruire il proprio autentico Personal Branding (non frutto di idee e spunti “altri”).

Perché se non c’è questo lavoro di partenza (e si costruisce un brand personale a tavolino, senza fare tesoro del proprio bagaglio culturale), è come se si iniziasse a costruire una casa dal tetto (oltre che risultare poco credibili), con risultati insoddisfacenti.

Immagine tratta da Viadeo Blog

Coaching e Management

Il viaggio con il Coaching Lab continua e venerdì scorso è stata la volta di Patrizia Belotti, che ha tenuto un laboratorio sul sistema dei Valori applicati all’ambiente aziendale.

Avevo già avuto modo di vedere Patrizia in azione e l’avevo trovata molto brava: efficace, vivace e capace di trasmetterti la passione per il Coaching.

Questa lezione è stata una conferma della sua bravura e della sua professionalità, ed è stata anche una importante occasione di ascolto ed apprendimento di come il Management si fonde con il Coaching e come – viceversa – il Coaching può apportare una marcia in più, una performance di qualità, nel Management.

Era esattamente ciò che volevo sentire.

Infatti è molto tempo che mi interessa l’argomento del Management (Project Management e affini): quello che mi ha sempre frenato è stato l’osservare montagne di tabelle e di equazioni complesse che – se le comprendi – aumentano in modo esponenziale la tua autostima; se non le comprendi, sono un deterrente nell’affrontare e assimilare la materia.

Senza contare la personalissima opinione che ho nei confronti delle tabelle e della classificazione spinta: si finisce muovendosi secondo griglie rigidissime, inquadrando tutto in categorie molto precise, senza prendere nelle dovute considerazioni la variabile “essere umano”, difficilmente incasellabile.

Invece ascoltare da chi, come Patrizia, sul campo ha la possibilità di portare la sua esperienza pluriennale nel Coaching in una azienda quotata in borsa, fa la differenza e fornisce molti spunti di riflessione.

Mi ha anche colpito il concetto di multidisciplinarietà. Questa idea a me particolarmente cara, è stato oggetto di mie profonde riflessioni negli ultimi tempi: la mia formazione accademica, unita alle mie esperienze professionali e ai miei interessi personali (compreso il Coaching e la PNL negli ultimi anni), hanno generato non pochi dubbi sul mio passato, presente e futuro.

Spesso, nell’ambiente in cui lavoro, la multidisciplinarietà e la trasversalità della formazione sono visti come un impedimento allo sviluppo professionale e fonte di scarsa credibilità (secondo quanto da me inteso e percepito). Negli ultimi tempi ho pensato che una figura professionale “ibrida” come la mia possa avere difficoltà di ricollocazione e/o di crescita. Il concetto che ho assorbito dall’ambiente circostante è stato: specializzazione. “Fai una cosa e falla bene, sii uno specialista.”

In questo Laboratorio invece il concetto trasmesso è stato diametralmente l’opposto.

Il messaggio importante che è passato è che la formazione dei partecipanti (chi avvocato, chi fisioterapista, chi architetto, ecc. ecc.), riuniti nella stessa aula, deve essere un valore aggiunto da portare nel Coaching e/o il Coaching stesso diventa una qualità distintiva della formazione e professione attuale.

Assume importanza fondamentale la polidisciplinarietà ad evitare la auto-referenzialità, tipica di chi parla sempre dello stesso argomento (nello specifico leggasi Crescita Personale), raccontandosela all’interno di un gruppo che parla sempre degli stessi argomenti, perdendo il contatto con la quotidianità e con quello di interessante che c’è la fuori nel mondo.

Per me questo è stato un messaggio molto importante, che va ad incardinarsi in una riflessione che mi facevo qualche giorno prima e che ho postato sulla bacheca di Facebook:

Devo trovare il filo rosso che lega tutti gli interessi che coltivo sul web… Sembro polverizzata sulla rete, non monotematica, e non so se sono dispersiva oppure se inconsciamente seguo un filo rosso che non vedo a livello conscio (ma che c’è).

La risposta di uno dei miei contatti, Helga Ogliari, illuminante, è stata:

beh al massimo se proprio non trovi il filo puoi giocarti la carta “bottega del Verrocchio

La voglia e la curiosità di interesse in Arte, Architettura, Tecnologia, Coaching, …, è ripartita.

Per diletto, per passione e per arricchimento.

Il lavoro da fare ora è trovare la chiave per rendere il tutto funzionale anche alla crescita professionale, consentendo una progressione ed un miglioramento.

[L’immagine in evidenza è tratta dal sito La dolce vita – ritrae una Wunderkammer (stanza delle meraviglie), molto comune nell’alta borghesia dei secoli passati. Raccoglieva gli oggetti più disparati ed esotici raccolti dal proprietario nei suoi viaggi e rappresentanti i suoi interessi.]