“La Olivetti di Adriano era una comunità di apprendimento”
Ieri sera ho visto il film di Michele Fasano su Adriano Olivetti, “In me non c’è che futuro”, grazie ad un articolo pubblicato sul blog di Mauro Baricca.
Mi piace molto ascoltare e leggere di storie di uomini e donne che hanno fatto (e fanno) la differenza nella vita, nella quotidianità e nel mondo del lavoro. Sono – per me – una costante fonte di apprendimento e di crescita.
Qui ho ascoltato la storia della Olivetti e ho ascoltato – dalla viva voce dei protagonisti – l’efficacia dei metodi adottati, estremamente all’avanguardia per l’epoca.
(Ascoltando, per esempio, i metodi utilizzati dalle Risorse Umane, pensavo che – oggi – non è stato inventato nulla.)
Ne viene fuori una Impresa dove era benvenuta la contaminazione culturale, la crescita e soprattutto la centralità della persona.
Quello che mi ha fatto riflettere molto è che la Olivetti ha attraversato momenti storici di grande fermento culturale ed industriale, ma anche momenti di grandissima difficoltà (le Guerre Mondiali, il Fascismo, il 1929), e che grazie alle idee di un uomo, di un grande uomo, ha attraversato indenne tempeste, proseguendo nel suo percorso e crescendo.
Qui si tratta di mecenatismo, mente illuminata e imprenditorialità.
E di assoluta mancanza di confini (mentali e fisici) nel confrontarsi con altre culture, portando con sé – in azienda – ciò che di buono trovava nel suo percorso esplorativo.
Qui si tratta della persona e delle sue idee.
Della sua capacità di gestire ed interfacciarsi con la realtà.
“Siamo stati abituati a discutere. Non a obbedir facendo.”: una bella testimonianza di Giovanni Truant, che – aggiunge – in questo modo “costringeva” ad una assunzione di responsabilità da parte di tutti.
Un film-documentario da tenere in videoteca e da riguardarsi ogni tanto, per ripassare alcun concetti.
Grazie a Mauro Baricca per la sua segnalazione.
Per leggere il suo post, cliccare qui.
Olivetti è stato un grande portavoce di una modalità sociale di fare business. Un po’ proudonniano, purtroppo non è stato compreso dal capitalismo che avanzava a spron battente nella sua epoca (i rivali stappavano champagne ad ogni smacco perpetrato nei suoi confronti). Ce ne fossero stati di più come Olivetti, forse non ci troveremo oggi in una situazione al limite della sostenibilità e potremmo ancora parlare con serenità di imprenditoria senza dover necessariamente far riferimento all’utile delle aziende.