Sulla resilienza

Trabucchi 3

Sabato sono stata ad una giornata di formazione organizzata da La Grande Differenza, che ha ospitato Pietro Trabucchi e Gabriela Monti.
Il corso trattava l’argomento “Resilienza”, quella caratteristica che (cito testualmente dal sito di Pietro Trabucchi):

“[…] è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino. Il verbo “persistere” indica l’idea di una motivazione che rimane salda. […]”

Tre anni fa avevo letto i due libri di Trabucchi “Resisto dunque sono” e “Perseverare è umano“: mi erano piaciuti molto.
L’autore, attraverso le sue pagine, era stato in grado di farmi riflettere e di motivarmi.
Con semplicità, chiarezza, pragmatismo e determinazione.

Non ho potuto quindi non cogliere questa opportunità, creata da Francesca Gazzola e Sebastiano Zanolli, che mi ha permesso di ascoltarlo dal vivo e di testare sulla mia pelle la resilienza, portandomi a casa riflessioni, strumenti e qualche fardello in meno (grazie alla parte esperienziale in forma di percorso sportivo, che mi ha fatto sperimentare cose interessanti).

Infatti il confronto con la fatica, con il sudore, con la percezione cognitiva (e la sua prestazione strettamente legata alla fatica fisica), mi hanno fatto avvicinare (e anche superare in alcuni casi) dei limiti. Ridimensionando – in parallelo – idee e pensieri ruminanti.

E domenica mattina, dopo una robusta dormita, ho ripercorso mentalmente la giornata precedente, tracciando una sorta di bilancio e rendendomi conto che – col tempo – mi sto abituando ad ascoltare il mio corpo e a fare dei check come se stessi testando lo stato di funzionamento senza soluzione di continuità.

Ebbene – nel corso della giornata – ci sono stati dei momenti intensi di attività fisica che hanno messo a dura prova (in me) capacità fisiche e capacità mentali.

Ed ero consapevole che, a mano a mano, che avanzavo nel percorso e la fatica iniziava a farsi sentire, io ottimizzavo.
Escludevo alcune informazioni per concentrarmi su altre, secondo schemi e ordini di priorità che stabilivo, via-via che si progrediva.

Trabucchi1

Era come se gradualmente entrassi in modalità risparmio energetico ed indirizzamento delle risorse verso precise aree, volte a perseguire alcuni obiettivi.
Alzando anche il livello di ascolto sul corpo, per tenere sotto controllo i livelli di impegno nei confronti dei miei limiti fisiologici/mentali (in sostanza l’ordine interno era: “Fai, mettiti in gioco, misurati, dai il massimo ma non fare il fenomeno!”)

E nel pomeriggio di sabato – durante la parte teorica – ascoltavo anche come il fisico stava metabolizzando la fatica della mattina, registrando delle sorprese: mi è sempre stato detto che la muscolatura delle mie gambe è più forte rispetto agli altri muscoli – ebbene, è stato il primo distretto muscolare che ha ceduto; ho sempre considerato gli addominali la parte più debole del mio fisico – ebbene, sono quelli meno affaticati [anzi, praticamente sono quelli quasi non affaticati]; le braccia (e le spalle, che temevo di più) sono sì indolenzite, ma stanno bene [stanno meglio del previsto].
E le capacità cognitive (diciamo la “lucidità mentale”), durante il percorso di resilienza sono andate in risparmio energetico, spingendomi a concentrarmi su poche cose importanti (per me). E facendo emergere una sorta di nitidezza mentale, governata dal “fregatene di questi dati aggiuntivi, concentrati solo su queste altre cose”.

E’ stata una esperienza molto interessante.
Che paradossalmente mi è servita anche per ricordarmi che dare le cose per scontato può riservare delle sorprese, e che non sempre ciò che appare è reale.

Ne è valsa la pena.

Queste giornate mi sono utili.
Sono giornate dove spezzi e capovolgi il ritmo, anche in modo forte.
E servono a rimettere in linea le cose, servono a ripristinare un ordine di priorità e farti riflettere, facendoti ripartire con il piede giusto.

Un pensiero riguardo “Sulla resilienza

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