DonnaONLine

Lo scorso 7/8 marzo si sarebbe dovuto svolgere a Riccione il quarto Congresso DonnaON.
Sappiamo come è andata in quelle settimane: l’epidemia dilagante, i decreti e le ordinanze sempre più restrittive, i lockdown che si sono moltiplicati in un effetto domino…
Interi eventi, fiere e manifestazioni venivano via-via posticipati di qualche mese fino ad essere rinviati all’anno successivo… e anche DonnaON non è stato da meno.

Ma dopo un momento di comprensibile smarrimento, Carina Fisicaro (Founder del progetto) ha organizzato in breve tempo due maratone in diretta su Facebook a distanza di due settimane l’una dall’altra.
La prima a metà aprile e la seconda durante il primo weekend di maggio:

Empowered Women United for a World ” DonnaONLine” (18/19 aprile)

DonnaONLine Empowered Women United for the World (2/3 Maggio)

Due weekend durante i quali circa 40 professioniste (complessivamente) si sono alternate in una staffetta di speech della durata di 45 minuti, nei quali hanno condiviso esperienze, riflessioni, suggestioni e strumenti per fare meglio e affrontare questo periodo ad alta imprevedibilità.

Nei due weekend ho avuto il piacere e l’onore di portare il mio contributo su due temi a me molto cari: le parole e la loro cura (di cui avevo già fatto una specie di test-speech qualche settimana prima) e la leadership di servizio (di cui avevo scritto un articolo per QuiFinanza a gennaio).

I video delle dirette di tutte le speaker sono disponibili sulle pagine Facebook i cui link sono elencati qui sotto, mentre – in chiusura di questo articolo – sono visibili i video dei miei due interventi (disponibili anche sul mio canale YouTube):

Empowered Women United for a World ” DonnaONLine” (18/19 aprile)

DonnaONLine Empowered Women United for the World (2/3 Maggio)

L’importanza delle parole | DonnaONLine – Maratona Facebook 18/19 aprile 2020

La leadership di servizio | DonnaONLine – Maratona Facebook 2/3 maggio 2020

Le slide dell’intervento sono disponibili su Slideshare a questo link: La Leadership di Servizio.

Da che parte vado? Errando tra social…

Buonasera!

Questo post ha un po’ del “flash post” sclerotico del lunedì, delle righe scritte in fretta e furia per tentare di fissare un ragionamento in costante e continua mutazione, cercando di trovare il bandolo della matassa. Quale il web – per me – ormai è.

Ebbene vado a scrivere a ruota libera…

LinkedIn

Metti che stai leggendo il libro “LinkedIn per aziende professionisti” di Francesca Parviero e Antonella Napolitano: un libro che hai iniziato con curiosità e senza particolare convinzione, ma che – procedendo nella lettura – ti ha catturato e ti è servito (ti serve) per sistemare e migliorare il tuo profilo sul social network business.

E metti che questo libro ti diventa utile per imparare ad apprezzare sempre più questa “piattaforma” che avevi trovato noiosa sino a ieri.

Così scopri ed inizi a muovere i primi passetti in Lynda, diventando (tossico)dipendente del Social Selling Index (che i primi giorni  consulti compulsivamente), scrivendo qualcosa in più su Pulse

Instagram
Lo status che ho pubblicato ieri su Instagram/Facebook dopo qualche ora di esplorazione delle piattaforme di elearning

E pensi che – finalmente, dopo tanto vagare – sei arrivata alla quadratura del cerchio. Pensi di avere trovato un (tuo) giusto equilibrio nei canali di comunicazione, abbastanza ben ripartito tra immagini e parole, con un tono di voce adatto… (forte anche della perplessità – e del timore – che ti aveva suscitato una immagine condivisa su Facebook qualche settimana fa).

E invece no…

Settimana scorsa leggi questo articolo: Introducing a WordPress Plugin for Instant Articles (su Ninja Marketing un approfondimento in italiano: Facebook e Automattic: presto il plugin WordPress per Instant Articles). Scoprendo che WordPress (partner di Facebook in questa impresa) renderà disponibile entro metà aprile un plugin che favorirà la diffusione e l’accesso direttamente da Facebook degli articoli pubblicati sulla piattaforma di blogging più diffusa (una funzione che FB stava già sperimentando da alcuni mesi con alcune testate giornalistiche – qui un articolo di quasi un anno fa). Consentendo a tutti coloro che hanno un sito/blog su WordPress di utilizzare questo sistema per diffondere meglio i propri contributi.

Contemporaneamente ti accorgi che sulla timeline di LinkedIn si sta chiacchierando sul fatto che ultimamente LinkedIn sta diventando come Facebook (ossia sta perdendo i suoi connotati business, “a favore” di condivisione di contenuti a base di gattini, frasi motivazionali, foto provocanti di fanciulle, e via così…).

Ci ragioni attorno tra te e te, arrivando ad una tua (prima) conclusione (che sai già non sarà l’ultima…):

LinkedinFacebook

Ed in coda al post decidi di condividere un approfondimento (frutto anche di riflessioni nate dalla lettura dei commenti delle persone che hanno condiviso un pensiero sulla diatriba in corso):

Commento FB

Ma – come accennavo poco sopra – non è finita qui.

Le conversazioni sul tema continuano, e stamattina leggo – sempre su LinkedIn – un post di Rudy Bandiera: Linkedin è il nuovo Facebook! Anzi, è la parte PEGGIORE di Facebook. Titolo che scuote, contenuti che fanno riflettere.

Ed una cosa mi colpisce particolarmente: nel confrontare e ragionare attorno ai due social network, l’autore definisce Facebook come un social network pop (con tutti i pregi e difetti che questo comporta). Cosa che effettivamente LinkedIn non è.

pop-5
Immagine tratta dal sito The Freak

Immediato per me il rimando alla Pop-Art e al celebre aforisma di Andy Warhol:

Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti.

Ma in questo scrivere a ruota libera, durante il quale faccio fatica a tenere il filo del discorso, non voglio perdermi in una dissertazione attorno alla identità di Facebook.

Piuttosto vorrei riuscire a fermarmi un momento per cercare di capire da che parte andare.

Dove vado
Immagine tratta da LunaBulla (Tumblr)

Sì, perché a questo punto mi sorge una domanda che mi fa tornare sui miei passi.

Se inizia ad esserci una omologazione (un allineamento) della comunicazione tra vari social network (nello specifico LinkedIn e Facebook), che senso ha seguirli tutti?

Per esempio che dire della ipotesi che Twitter possa eliminare il limite dei 140 caratteri (suo carattere distintivo): Twitter toglierà il limite dei 140 caratteri?

A questo punto non mi conviene prediligerne uno, usando gli altri solo ed esclusivamente come strumenti di condivisione passivi (per la molto prosaica indicizzazione), infischiandomene dei must do martellanti di esperti del settore? (Condividere quindi automaticamente i post del blog, che personalmente ho rivalutato dopo un periodo di riflessione ed esplorazione di altri media.)

Tutto questo, ricordandomi quello che avevo letto sulla presenza online e che si può sintetizzare più o meno così: “Ognuno ha il suo social di elezione, più adatto al proprio modo di essere e narrarsi.” (Leggasi: non è necessario essere ovunque)

Che fare, quindi? Andiamo avanti.

Surfando nel web, gestendo contemporaneamente l’identità digitale e professionale, la comunicazione del proprio brand (di quello che sei e che sai fare) e lavorando sulla creazione della nicchia.

E – per non farsi mancare nulla – di seguito altri articoli che anticipano e aprono altri scenari:

Buona settimana!

 

Una immagine

Zuckerberg 3
Courtesy of FB profile di Mark Zuckerberg (dal Mobile World Congress)

Poco fa ho letto questo articolo (in inglese) pubblicato da The Verge:

This image of Mark Zuckerberg says so much about our future

Leggendolo mi ci sono ritrovata.
Ho ritrovato una visione un po’ preoccupata del futuro.
E tante spie di allarme si sono riaccese nella mia testa.
Riaccese perché proprio ieri avevo letto lo status di Zuckerberg su Facebook, accompagnato da foto ad alto impatto visivo che mi avevano inquietato non poco, generando nella mia mente delle immagini di un qualcosa di pericolosamente vicino alla distorsione.

Zuckerberg World Mobile Congress
Il post di Mark Zuckerberg

 

The Verge, nell’articolo, evoca scenari distopici (è quasi inevitabile pensarci, guardando quella foto) riandando allo spot della Apple “1994”, creato da Ridley Scott, che narrava di un futuro alla Grande Fratello di Orwell dove proprio Apple incarnava la figura dell’eroe che rompeva uno schema dominante (quasi un paradosso pensando alla presa emotiva che Apple ha oggi sui suoi clienti e non solo).

Apple Ridley Scott
Immagine tratta da Cult of Mac: lo spot di Ridely Scott per la Apple [“1984”]
Ma non solo.

Mi sono venute in mente anche delle immagini di un trailer del film “Prometheus” (sempre di Ridley Scott).
Un trailer che non era una sequenza del film, bensì il racconto di un episodio che mostrava un evento accaduto prima delle vicende narrate nella pellicola (un interessante esperimento di “cinema che esce dal cinema”).

Prometheus TED Talk
Una immagine tratta da uno dei trailer del film “Prometheus” [2012]

Zuckerberg 2
Dal profilo FB di Mark Zuckerberg, una delle immagini suggestive pubblicate (dal Mobile World Congress)

Ora, non metto in dubbio la bontà della iniziativa pensata da Samsung, “Samsung Gear VR”: personalmente intravedo sviluppi interessanti per persone con gravi disabilità (così come gli esoscheletri sono altrettanti interessanti studi che possono avere – e spero avranno – ricadute positive su persone in difficoltà).
Quello che mi fa impressione, che mi preoccupa, è la ricaduta sull’uomo comune.
E sulla sua percezione e distinzione tra ciò che è reale e ciò che è immaginario.

Già la potenza evocativa e di comunicazione di Facebook è in grado di sfumare il confine tra realtà ed ambiente virtuale (facendoci perdere di vista alcuni punti fondamentali relativi al comportamento sociale, al dialogo e alla interazione tra individui).
Già possediamo, e portiamo in tasca, dispositivi in grado di tenerci sempre connessi comunque e ovunque, che sono gli anelli di congiunzione tra due mondi non più tanto separati e sempre più permeati uno nell’altro.
Così facendo, il confine potrebbe definitivamente sparire, rendendo reale quanto alcuni film di fantascienza disegnavano solo pochi anni fa.

BRUCE WILLIS (right)
Immagine tratta dal film “Il mondo dei replicanti” [2010]
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Una sequenza tratta dal film “Il tagliaerbe” [1992]
Non voglio essere allarmista. Né purista.
Non servirebbe a niente.
Anche perché vivo in questo mondo e faccio un uso massivo dei social network e delle tecnologie (perdendo talvolta di vista alcuni concetti fondamentali e rendendo necessaria una presa di distanza per “rimettere a post alcuni paletti”).

Però penso che sia fondamentale ora più che mai una educazione all’utilizzo di questi mezzi, potenti e versatili, anche e soprattutto da parte di chi li pensa, li progetta e li produce.
Coniugando un uso consapevole ed etico ad una logica di marketing più che giustificata.

E a proposito di regole etiche, qui un link ad un dibattito in corso sulle auto che si guidano da sole:

Decisioni difficili per le auto a guida autonoma

A prima vista può sembrare un discorso lontano dall’argomento di questo post, ma forse è solo un altro aspetto che l’etica si trova ad affrontare in questo nuovo mondo.

“Lavoro e carriera con LinkedIn” – Luca Conti

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Non amo particolarmente LinkedIn. Lo trovo piuttosto noioso.

Però, avendo un profilo aperto e semi-abbandonato da un po’ di tempo, mi sono messa d’impegno e mi sono letta il libro di Luca Conti.

Ben illustrato, è utile per chi si avvicina per la prima volta a questo social network destinato al business: è diviso per sezioni e ti accompagna passo-passo nella creazione del profilo e nella sua implementazione e gestione. Ha inoltre una seconda parte dedicata ai profili aziendali, alla spiegazione del profilo Premium, all’utilizzo per cercare candidati e cercare lavoro, ecc. ecc..

Però, nonostante il buon lavoro dell’autore abbia ri-acceso la mia attenzione, su alcune questioni sono rimasta perplessa.

Le elenco di seguito, così come le ho incontrare procedendo nella lettura.

I gruppi: ricordo benissimo perché questo social network ha iniziato a stancarmi. Partecipavo a delle discussioni, ma dopo un po’ leggere i commenti e le dissertazioni simil-dotte, infinite e sfiancanti, mi hanno fatto passare la voglia di intervenire ed interagire.

E mentre leggevo come gestire il networking all’interno dei gruppi, mi è sorta una domanda: “Ma i super-manager passano il tempo su LinkedIn a discutere nei gruppi, gettando serenamente il proprio tempo dalla finestra?… Oppure hanno così tanto tempo a disposizione da poter dialogare su Twitter?…

Numero di contatti: in merito alla estensione della rete, viene asserito – neanche in modo così velato – che avere una media di 300 contatti è una cosa miserrima e che bastano 3 settimane per arrivarci…

Con buona pace del famoso numero di Dunbar… (Ed io – per la cronaca – ho 280 contatti, raccolti in due anni circa…).

Vengono così suggeriti alcuni sistemi per incrementare la propria rete: per come sono fatta io (che ho una crescita lenta che sottopongo a costante controllo) li ho trovati dallo stile un po’ competitivo, “pushy” e leggermente ansiogeno. Uno stile che mi ha fatto tornare in mente un altro testo che mi sono vista passare davanti e che recava nel titolo la parola “ipercompetitività”… una keyword (inevitabile) che mi fa scappare a gambe levate….

Dal mio punto di vista una sorta di innalzamento dei livelli di testosterone di “rampantiana” memoria…

E mi sono posta un’altra domanda: ma se io sono agli inizi, o sono uno studente, qualcuno mi spiega oggettivamente come faccio a mettere assieme 300 contatti in un battibaleno, avendo come priorità la fiducia e la solidità del contatto (che incide sulla reputazione)?

Le segnalazioni: a me non passerebbe mai per la testa di chiedere una referenza  a qualcuno da poter scrivere sul mio profilo. Lo so, è una mia miopia.

O nasce spontaneamente, oppure mi suona tanto di mercato delle menzioni d’onore… (e vedo alcuni [non tutti] profili le cui numerose segnalazioni mi fanno pensare facenti parte di un mercato [io dò una cosa a te, tu dai una cosa a me] che non incide nell’innalzamento della reputazione, bensì il contrario…)

Dove sta il “purismo” tanto perorato sull’uso cautelativo e corretto di questo “social business”?

E nel mentre procedo nella lettura del testo, mi capita di leggere questo articolo: LinkedIn si fa più social e scopre le menzioni.

Sulle nuova strategia delle “menzioni” (simili ai tag di Facebook e di Google) mi sorge spontanea una terza domanda: come mai questa scelta? Come mai questo cambio di strategia ibridato con altri colossi del web? (Visto che LinkedIn è sempre stato proposto come il social per fare business…)

Comunque, dopo una prima ampia parte di spiegazione dedicata alla creazione del curriculum/profilo completo (e su questo ti viene comunque in aiuto LinkedIn stesso, che ti guida passo-passo nel completamento della tua pagina), il libro passa ad una seconda fase dove spiega (in modo abbastanza dettagliato) le molte funzioni, applicazioni e altro che il “social business” mette a disposizione.

Qui, almeno per me, è stato il momento di prendere appunti. Infatti mi sono resa conto che molte cose erano a me totalmente sconosciute.

Interessanti gli spunti sulle Applicazioni.

Un esempio: Reading List di Amazon. Per me – che leggo tanto e condivido le riflessioni che scaturiscono dalla lettura dei libri – poteva essere una utile applicazione da condividere sul profilo (visto che ho un account su Amazon). Ma purtroppo, con i recenti aggiornamenti del social network, l’applicazione non è più supportata.

Altre Applicazioni interessanti sono MyTravel (da dedicare solo ai viaggi di lavoro) ed Eventi (da dedicare agli eventi di tipo lavorativo).

Questa parte l’ho trovata già più confacente ad un discorso di tipo manageriale (così come le Domande, simili alla medesima funzione di Yahoo): mantieni vivo il tuo profilo, e non perdi tempo in discussioni (a volte sterili ed inutili) all’interno di gruppi dove i vari soggetti coinvolti fanno a gara a chi scrive cose più intelligenti.

Comunque il libro ha sortito il suo effetto: progredendo, dopo una partenza scettica e – a tratti – fastidiosa, ho iniziato a dedicare a LinkedIn un po’ più di attenzione. Per lo meno sto tentando di farlo.

Ed il cimentarsi seriamente in questa impresa richiede tempo e testa. Soprattutto un cambio di mindset non indifferente: LinkedIn richiede un atteggiamento mentale fortemente manageriale. Sostanzialmente diverso da altri social network.

Studiandolo, e continuando l’esplorazione del mondo del web (del quale continuo a considerarmi una neofita), mi è tornata in mente una affermazione che girava spesso ai tempi del curriculum cartaceo: “Cercare un lavoro è un lavoro“.

Beh… Saranno cambiati i tempi, ma questa affermazione resta – oggi più che mai – valida.

Cambiano i termini utilizzati, ma il significato di fondo resta e – anzi – diventa più complesso.

Riguardo a LinkedIn se poi, ad un esame più approfondito, ci si rende conto che non vi è affinità (come dice un amico, “ognuno ha il social network di preferenza” per capacità espressiva, struttura, uso…), si può sempre (si deve, ormai è un “must” esserci) mantenere curato ed attivo il curriculum, prediligendo altri canali per networking a sé più confacenti.

Concludo le riflessioni e le considerazioni, constatando che il web si evolve molto velocemente;  non so fino a che punto ha senso continuare a scrivere libri che spieghino il funzionamento di determinati social network. Infatti questo testo è già – per alcuni aspetti – superato: alcune funzioni illustrare nel libro non sono più attive (Reading List di Amazon, citata precedentemente per esempio).

Sicuramente sono utili dei libri che illustrino le varie realtà digitali, per sommi capi. Ma la domanda che sorge spontanea è: quanto possono e devono essere approfonditi questi testi? Se poi vengono ampiamente superati dalla metamorfosi rapida di queste entità algoritmiche?

Forse conviene prendere in considerazione una trattazione degli argomenti più “generica”, supportando con riferimenti audio-video collegati che possono essere aggiornati con maggiore rapidità…

Non so, è una idea…

La bellezza della scrittura

Immagine tratta da Google Image

Scrivere è un modo di parlare senza essere interrotti. (Jules Renard)

Venerdì ho partecipato al penultimo Coaching Lab con Extraordinary. Ospite della giornata Alessandro Lucchini.

Se già prima di questo Laboratorio mi piaceva scrivere (dilettandomi sul blog, testando Twitter coi suoi 160 caratteri e scrivendo riflessioni su Facebook), mentre ascoltavo Lucchini, la curiosità e la percezione delle potenzialità del linguaggio scritto è aumentata.

Bravissimo e coinvolgente nel trasmetterci conoscenza, e nell’insegnarci su come scrivere, che linguaggio usare e quale focus mantenere in funzione dell’obiettivo del testo scritto (orientato al lettore, orientato allo scrittore, orientato ad un determinato tipo di lettore), ho fatto considerazioni a getto continuo, mentre lui alternava momenti tecnici a momenti ludici (con filmati divertentissimi), unendo citazioni di testi importanti (per farci comprendere la potenza evocativa di immagini e sensazioni della parola scritta), e “scherzi” sul significato delle parole.

Alessandro lucchini
Alessandro Lucchini (fonte Twitter)

Mi sono divertita imparando, e si è rafforzata ulteriormente la mia passione per la scrittura (e la lettura).

Trovo che la scrittura sia un ottimo mezzo anche per filtrare e gestire le proprie emozioni; per ottimizzare ed organizzare messaggi e narrazioni che, nella lingua parlata, possono essere raccontate in modo confuso, perchè assoggettate al flusso – a volte incessante e caotico – dei pensieri (io sono uno di questi casi). Scrivere aiuta a focalizzare, a fissare idee, obiettivi e storie.

E scrivere utilizzando diversi caratteri, sottolineature, corsivi, grassetti, ecc. caratterizza il significato del linguaggio:

  • usare un carattere arrotondato (e/o svolazzante) per comunicazioni tecniche può stridere;
  • usare sottolineature, grassetti e corsivi differenzia ed evidenzia diversi gradi di attenzione sulla trattazione di argomenti (li uso molto per focalizzare l’attenzione del lettore; utilizzo – in ordine crescente – corsivo, sottolineato, grassetto e grassetto sottolineato per evidenziare argomenti che mi preme segnalare);
  • usare elenchi puntati, enumerati per lettere [a), b), c),…] e/o per numeri [1), 2), 3)…], fornisce diversi livelli gerarchici via-via crescenti (dall’equità del puntato, al fortemente gerarchico della enumerazione);
  • scrivere in lettere MAIUSCOLE corrisponde ad un tono di voce alto, a sottolineare o a urlare concetti (me lo insegnò un ragazzo specialista del web tanto tempo fa, e da allora sono stata bene attenta all’utilizzo delle maiuscole, da me precedentemente utilizzate erroneamente per comodità, ad evitare di scrivere le maiuscole dopo le punteggiature… grande ingenuità… e grande pigrizia…).

Scrivere è bellissimo, è condivisione: grazie al web 2.0 siamo liberi di scrivere, liberi di riflettere, liberi di raccontare.

Siamo liberi di condividere le nostre emozioni ed i nostri pensieri, imparando anche a conoscere noi stessi molto più a fondo: vedere scritto su un foglio bianco le nostre riflessioni può essere una grande scoperta anche per noi stessi.

Ora, il passo successivo – per quel che mi riguarda – è completare il percorso, affinando l’utilizzo non solo della parola scritta, ma anche di quella parlata confrontandomi con la sfera emotiva, così da osservarla, apprezzarla e valorizzarla, senza temerla.

La lettura rende un uomo completo, la conversazione lo rende agile di spirito e la scrittura lo rende esatto. (Francis Bacon)

“Io vivo nel futuro”, Nick Bilton

io-vivo-nel-futuro

“Perché il vostro mondo, il vostro lavoro e il vostro cervello stanno per essere creativamente distrutti.” [Sottotitolo del libro]

Sono inciampata per caso in questo libro, mentre cercavo testi su Twitter, sull’utilizzo ottimale dei blog, sul Personal Branding e sulla comprensione delle potenzialità del Web 2.0.

Navigando nel sito della Hoepli, dopo avere digitato la parola “Twitter” nel loro motore di ricerca interno, ho trovato anche questo libro e – spinta dalla curiosità (e dal suo sottotitolo, che trovo geniale)  –  l’ho acquistato nella libreria di via Hoepli a Milano.

Mi sono divertita e ho trovato anche conforto e conferme, leggendolo.

Il conforto l’ho trovato leggendo il divertente excursus che l’autore fa nella storia dell’uomo, attraverso le più importanti innovazioni tecnologiche: la nascita delle tecniche di stampa prima, del treno poi, della radio e della televisione successivamente. Tutte innovazioni tecnologiche che hanno generato puntualmente anatemi, strali, urla e stracciamenti di vesti di preoccupazione. Tutte indicate dai loro detrattori come causa della fine della civiltà, in una costante di corsi e ricorsi storici, pressoché ciclici.

Mi sono divertita (e si è risvegliato in me il bambino) a leggere i possibili (anzi ormai certi) sviluppi della tecnologia e del Web 2.0 come lo conosciamo oggi (mi sembrava di leggere un romanzo di fantascienza).

Mi sono anche un po’ preoccupata ed inquietata nel leggere gli sviluppi futuri che correranno sulla sottile linea di demarcazione che divide la libertà (e la condivisione assoluta), dal controllo ad opera di un Grande Fratello, sicuramente figurativamente diverso da come se lo immaginava George Orwell nel suo libro “1984”, ma già presente (basti pensare alle carte di credito, alle varie carte Fidaty, alla posta elettronica, ai Social Network, alle batterie dei cellulari che funzionano come transponder, ecc. ecc.).

Sono rimasta affascinata dalla futura possibile iper-personalizzazione della informazione, grazie alla immensa offerta e condivisione di informazioni ad opera di tutti che ci permette già oggi di scegliere ciò che a noi più si confà.

E ho trovato conferme (supportate anche da recenti articoli che ho letto) alla sensazione di cambiamento dei processi neurologici che avvengono nel cervello, grazie (o a causa di, a seconda di come la si voglia vedere) alla interazione con la rete: pensi più veloce, ti sposti più rapidamente da un argomento all’altro e diventi capace di gestire più cose contemporaneamente, in un apparente stato di distrazione continua. Una conferma a quanto avevo già percepito  e avevo espresso in un mio precedente post su questo blog (come 40enne neofita del web… quindi con tutte le difficoltà del caso di un rappresentante di una generazione che si trova a cavallo di questo cambiamento che viaggia ad una velocità esponenziale).

Ed un conferma ulteriore arrivata da una recente ricerca che afferma che “domani” (a me sta iniziando a succedere già oggi) useremo il cervello in modo diverso: non ricorderemo più i fatti, le nozioni, ecc., bensì ricorderemo dove andare a cercare le informazioni, gestendo il flusso di informazioni immenso in modo profondamente differente.

L’autore Nick Bilton, specialista del settore e giornalista del New York Times, descrive il tutto e racconta la storia dell’uomo (passata e futura) con piglio ironico (spassosa la sua indagine sul mondo del porno, decisamente fuori dagli schemi ma molto interessante) e con forza visionaria, spinto da una autentica passione.

Ci fa comprendere, con un linguaggio narrativo e quindi ancor più piacevole, che grazie al Web 2.0 siamo (saremo) tutti scrittori, fotografi, giornalisti, opinionisti e politici, in grado anche di generare cambiamenti di (possibile) ampia portata.

D’altronde:

Il battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.

[Foto in evidenza tratta dalla pagina About.me di Nick Bilton]

Lezioni di Personal Branding

Oggi ho avuto il piacere di seguire il primo di una serie di corsi della durata di un giorno, organizzati di Extraordinary (www.extraordinary.it).

Argomento della giornata il Personal Branding, trainer ospite Luigi Centenaro (www.personalbranding.it e www.centenaro.it).

E’ stata una opportunità unica per sentire dalla viva voce di un esperto (Luigi) il “racconto” dei misteri del web (per me c’è ancora tanto di misterioso, visto che mi considero ancora una neofita), del networking, delle modalità di comunicazione ed espansione dell’universo virtuale.

E’ anche stata una forte spinta a ri-organizzare l’identità del web, sottoponendomi ad una sorta di self-coaching per capire chi sono, cosa voglio fare e cosa voglio comunicare con il mio blog, attraverso Facebook e attraverso Twitter (il micro-blogging che non so ancora usare bene…). Che immagine e messaggio voglio trasmettere.

Non voglio entrare nel merito di un racconto dettagliato dei contenuti del corso (rischierei di dire cose assolutamente insensate e molto-molto imprecise), ma – rispondendo alle 3 domande di Claudio Belotti al termine del corso – ho capito quanto segue:

  1. Cosa ho imparato oggi? Ho imparato che è necessario avere una identità ben precisa perchè il nostro marchio (il nostro brand) siamo noi stessi attraverso quello che diciamo, scriviamo, facciamo, postiamo… Ho capito che devo darmi una identità ben precisa, unendo molteplici interessi (tra loro anche differenti) con un filo conduttore, un comune denominatore; in questo caso per me una formidabile fonte di ispirazione è Richard Branson (patron della Virgin), uomo che ha fatto di tutto, di più, spostandosi trasversalmente attraverso molteplici campi, con una formidabile elasticità e audacia;
  2. Perchè ritengo importante quanto ho imparato oggi? Perchè capisco che il web ha sempre più ascendente e rappresenta un canale di informazione sempre più potente; che ci piaccia o no, questo è il futuro e con queste modalità di comunicazione ci dobbiamo e dovremo confrontare sempre di più… E ho visto cose veramente incredibili oggi: dai filmati, alle campagne pubblicitarie virali… E capisco anche che se sfruttati bene, questi canali possono essere fonte ed occasioni di incredibili opportunità…
  3. Come metterò in pratica quanto ho imparato oggi? Non cambierò radicalmente gli argomenti trattati in questo blog; se questo avverrà sarà per un fisiologico percorso di evoluzione e cambiamento. Quello che scrivo qui è quello che mi interessa (libri, teatro, arte,…) e le riflessioni personali sono frutto di elucubrazioni mentali che mi vengono in mente quando vedo, leggo o ascolto qualcosa che mi colpisce (di qualsiasi argomento si tratti). Sicuramente il lavoro che devo fare è quello di individuare un filo conduttore che leghi tutto ciò che scrivo, un filo conduttore che diventi una identità riconoscibile. E – tecnicamente parlando –  ho capito che devo rimuovere alcuni automatismi di collegamento tra i miei profili di Facebook, LinkedIn, Twitter e WordPress, dotandoli di identità proprie e ben definite.

So che ho tantissimo lavoro da fare, ma non mi spaventa perchè penso che sia l’inizio di una bella avventura.

E proprio oggi, scambiando due parole con Luigi Centenaro durante una pausa, gli ho detto della percezione di distorsione temporale che provo da quando mi sono buttata a corpo morto nel magico mondo del web: facendo quattro conti mi sono resa conto che è da settembre/ottobre del 2010 che ho aperti via-via i vari profili, ma mi sembra di esserci dentro da anni (e sono solo 5 mesi scarsi…). Luigi mi ha spiegato che si tratta di un processo psicologico/neurologico di “familiarità”… Io sono arrivata al punto da non ricordarmi come ho conosciuto attraverso il web alcuni amici di Facebook e LinkedIn… Penso di avere in corso un settaggio neuronale e una rivoluzione copernicana di vedere il mondo…

E’ semplicemente affascinante. Ed oggi ho fatto un passo avanti nella comprensione di questo universo parallelo.

Ora devo completare la lettura del libro di Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti, sospendendo momentamente Stephen Covey (che leggerò a seguire)…

[L’immagine in evidenza è tratta da www.mondocattolica.it]