
Poco fa ho letto questo articolo (in inglese) pubblicato da The Verge:
This image of Mark Zuckerberg says so much about our future
Leggendolo mi ci sono ritrovata.
Ho ritrovato una visione un po’ preoccupata del futuro.
E tante spie di allarme si sono riaccese nella mia testa.
Riaccese perché proprio ieri avevo letto lo status di Zuckerberg su Facebook, accompagnato da foto ad alto impatto visivo che mi avevano inquietato non poco, generando nella mia mente delle immagini di un qualcosa di pericolosamente vicino alla distorsione.

The Verge, nell’articolo, evoca scenari distopici (è quasi inevitabile pensarci, guardando quella foto) riandando allo spot della Apple “1994”, creato da Ridley Scott, che narrava di un futuro alla Grande Fratello di Orwell dove proprio Apple incarnava la figura dell’eroe che rompeva uno schema dominante (quasi un paradosso pensando alla presa emotiva che Apple ha oggi sui suoi clienti e non solo).
Mi sono venute in mente anche delle immagini di un trailer del film “Prometheus” (sempre di Ridley Scott).
Un trailer che non era una sequenza del film, bensì il racconto di un episodio che mostrava un evento accaduto prima delle vicende narrate nella pellicola (un interessante esperimento di “cinema che esce dal cinema”).


Ora, non metto in dubbio la bontà della iniziativa pensata da Samsung, “Samsung Gear VR”: personalmente intravedo sviluppi interessanti per persone con gravi disabilità (così come gli esoscheletri sono altrettanti interessanti studi che possono avere – e spero avranno – ricadute positive su persone in difficoltà).
Quello che mi fa impressione, che mi preoccupa, è la ricaduta sull’uomo comune.
E sulla sua percezione e distinzione tra ciò che è reale e ciò che è immaginario.
Già la potenza evocativa e di comunicazione di Facebook è in grado di sfumare il confine tra realtà ed ambiente virtuale (facendoci perdere di vista alcuni punti fondamentali relativi al comportamento sociale, al dialogo e alla interazione tra individui).
Già possediamo, e portiamo in tasca, dispositivi in grado di tenerci sempre connessi comunque e ovunque, che sono gli anelli di congiunzione tra due mondi non più tanto separati e sempre più permeati uno nell’altro.
Così facendo, il confine potrebbe definitivamente sparire, rendendo reale quanto alcuni film di fantascienza disegnavano solo pochi anni fa.
Non servirebbe a niente.
Anche perché vivo in questo mondo e faccio un uso massivo dei social network e delle tecnologie (perdendo talvolta di vista alcuni concetti fondamentali e rendendo necessaria una presa di distanza per “rimettere a post alcuni paletti”).
Però penso che sia fondamentale ora più che mai una educazione all’utilizzo di questi mezzi, potenti e versatili, anche e soprattutto da parte di chi li pensa, li progetta e li produce.
Coniugando un uso consapevole ed etico ad una logica di marketing più che giustificata.
E a proposito di regole etiche, qui un link ad un dibattito in corso sulle auto che si guidano da sole:
Decisioni difficili per le auto a guida autonoma
A prima vista può sembrare un discorso lontano dall’argomento di questo post, ma forse è solo un altro aspetto che l’etica si trova ad affrontare in questo nuovo mondo.
Un pensiero riguardo “Una immagine”