Sperimentazione vs. Programmazione

identita-al-lavoroQuando ci sono in gioco i nostri possibili sé, ciò che avviene si può assimilare a una feroce competizione darwiniana in atto dentro di noi.

Ci sono dei momenti nei quali dei libri ti capitano, così come per caso… E questo è per me uno di quei momenti.

E’ un periodo nel quale ho tanti libri iniziati e nessuno finito, che porto stancamente avanti, quasi priva di motivazione, e facendo molta fatica a trovare spunti e “quel qualcosa in più” che mi fa avere l’illuminazione e l’ispirazione, accendendo i motori che mi fanno divorare ed assaporare in pieno il testo che mi ritrovo tra le mani.

Ma, proprio qualche giorno fa, cercando senza uno scopo preciso, vado (spinta da non si sa che cosa) a consultare il profilo di Anobii di Helga Ogliari e trovo tra i suoi libri, il testo di Herminia Ibarra: “Identità al lavoro – Strategie non convenzionali per trasformare il lavoro (e la vita)” (ed. ETAS – anno 2006).

Mi informo un po’, leggendo recensioni sul web, e – senza perdere molto tempo – lo ordino e – ricevuto – ne inizio la lettura.

E mi si apre un mondo…

Finalmente trovo un testo che, per come lo sto leggendo e lo sto interpretando, capovolge tutti i concetti di programmazione che – ora più che mai – mi stanno stretti.

Finalmente trovo un testo nel quale vedo scritto (nero su bianco) quanto io sto provando in questo momento che viene descritto come una transizione.

Finalmente trovo riflessioni sulla importanza della emotività e della propria storia all’interno della propria professione; professione vista come una manifestazione della nostra identità (di una delle nostre innumerevoli identità).

Finalmente viene ufficialmente sdoganata con una bella parola (“sperimentazione” e/o “esplorazione“) quella fase della tua vita professionale nella quale ti accorgi che stai vivendo un disagio che ti porta ad aprirti a nuovi interessi, navigando trasversalmente tra ambiti (dei più disparati), flirtando con nuovi sé (una espressione usata dalla stessa autrice), testando quale può essere quello da sviluppare e che ti porterà verso nuove strade.

Delle fasi di transizione, del disagio interiore e della disapprovazione della tua cerchia di conoscenze più strette (che ti vorrebbero sempre uguale) ne viene data descrizione, spiegandone la assoluta naturalezza della loro esistenza all’interno del processo di cambiamento, che può anche durare anni. D’altronde un cambiamento di identità non può essere pianificato a tavolino, non può avvenire in tempi ridotti, ma richiede tempi di gestazione adatti al consolidamento del nuovo sé.

Ed è un libro di conforto (almeno per me) perchè trovo riscontro di quello che sto vivendo ora, trovo un pezzo di me in ogni storia raccontata e trovo anche una collocazione anagrafica incredibilmente vicina alla mia età (tutte le storie raccontate riguardano persone intorno ai 40 anni e più).

Un libro che consiglio caldamente a chi sta vivendo una fase di cambiamento (magari non ancora ben definita), che sta cercando la propria strada, che si sente “vecchio” o “obsoleto” (soprattutto leggendo quello che viene scritto da più parti, con toni pessimistici) e che vuole cambiare ma non riesce a seguire i diktat della programmazione, della scrittura per obiettivi, delle “to do list” e che non trova soddisfazione nel confronto con gli head-hunter (o i consulenti vari).

Sperimentare, coltivare amorevolmente come una pianticella le proprie passioni ed i propri interessi e… “seguire il flusso” (perchè no?!).

Facendo così, senza abbandonare la speranza, e pagando (un po’ a malincuore) l’abbandono di vecchi legami a favore di nuovi legami (che ci vengono incontro con i nostri nuovi interessi), con i giusti tempi, troveremo la nostra strada…

A me è tornata la speranza ed ora mi sento sulla strada giusta, seppur un po’ caotica (per il momento…).

Non sono inconcludente. Non sono confusa. Non sto uscendo di senno.

Sto solo cambiando.

Ed adesso so che posso farlo con serenità.

7 pensieri riguardo “Sperimentazione vs. Programmazione

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