Medicina e letteratura

Il tempo è una variabile direttamente collegata alle nostre aspettative. Fugge o rallenta seguendo dispettoso il nostro piacere o il nostro dolore, rubando o ammassando le ore in un contrappunto di trepidazione e di noia che scandisce il nostro esistere. Per questo cerchiamo di intrappolarlo negli orologi: per inchiodarlo alle sue responsabilità, per poterne soggiogare l’esistenza con un’osservazione obbiettiva. Ma nel sogno il tempo riprende totalmente la sua inconsistenza e si abbandona senza remore all’anarchia delle nostre sensazioni.

Questa citazione è tratta dal libro “Si è fatto tutto il possibile” scritto da Marco Venturino, direttore del reparto di Terapia Intensiva e Anestesia all’Istituto Europeo di Oncologia.

Ho “incontrato” l’autore (da un punto di vista letterario) per puro caso, grazie ad un suggerimento di lettura di Amazon che – visto il mio acquisto del libro “Il grande lucernario” (di Maria Giovanna Luini), interessante e curiosa lettura estiva di cui parlerò in un post successivo – mi ha proposto i romanzi da lui scritti.

Ma non solo: nel mentre percorrevo le pagine del libro, mi sono improvvisamente ricordata che forse questo signore lo avevo incontrato anche di persona.

Anno: 2006-2007.
Luogo: Istituto Europeo di Oncologia.
Con lo studio con cui collaboro, ricopriamo il ruolo di Direzione Lavori per gli impianti elettrici e speciali per la ristrutturazione di alcuni reparti, tra cui la Terapia Intensiva.
E – preparando e studiando le fasi di adeguamento degli impianti – il Direttore Tecnico organizza un incontro con i responsabili del reparto per conoscere le esigenze e le procedure. Fu allora che incontrai il dottor Venturino, a cui fu chiesto di condividere con noi le informazioni utili a pianificare al meglio le fasi di intervento.
Ricordo un personaggio vivace che – insieme alla Caposala – ci fornì un numero impressionante di indicazioni operative e di sicurezza di cui prendemmo nota. Seguito poi da una riunione tra noi tecnici nella quale pianificammo e ripetemmo fino allo sfinimento tutte le fasi della operazione.

Ma veniamo ai due libri oggetto di questo articolo.

“Si è fatto tutto il possibile”, il primo dei due che ho letto, è un libro tosto.
Appena terminato, l’unico pensiero che mi ha attraversato la mente è stato: “Benvenuti all’inferno…”.

Perché?
Perché scandaglia a grande profondità – nel bene e nel male – la mente di un medico che ricopre un ruolo particolare: nello specifico il protagonista è il Direttore di un reparto di Terapia Intensiva di un non meglio specificato ospedale milanese.

Le emozioni che si vivono leggendolo possono essere piuttosto forti, talvolta disturbanti e scomode davanti a certe dinamiche (anche di potere) e riflessioni.
Se poi si ha avuto a che fare con l’ambiente in qualità di “utente” (inteso anche come parente di un paziente), i ricordi e le riflessioni emergono da ogni dove.

L’impressione è quella di leggere la genesi e lo sviluppo di un burnout (su Wikipedia una definizione di massima), un “fenomeno” che colpisce quei medici che svolgono funzioni particolari (molto “limite”).
Una discesa – in avvitamento – nella paranoia, nella frustrazione e nella paura.
Una descrizione molto accurata di uno stato di esaurimento molto grave, accompagnato da riflessioni e dialoghi interiori molto duri.

Di taglio leggermente diverso è invece Cosa sognano i pesci rossi.

Libro di esordio dell’autore, mi è stato caldeggiato da alcuni contatti di Facebook, che lo hanno preferito rispetto al precedente.

Personalmente confesso di avere fatto fatica ad iniziarlo.
Perché avevo intuivo dalla sinossi che sarebbe stato un ripercorrere le recenti vicende.

Qui le voci sono due: il paziente ricoverato in Terapia Intensiva ed il medico Responsabile del reparto, che lo ha in cura.
Due voci diametralmente opposte, accomunate dallo stesso ambiente e dalla stessa storia.
Due punti di vista diversi.
Due esperienze diverse.
Due vite diverse. Ma più vicine di quanto si pensi.

Un racconto con dei passaggi difficilissimi da digerire. Almeno per me.
Inevitabile ripensare e riandare al delirium da Terapia Intensiva (molto ben descritto “dal di dentro”, dal punto di vista del paziente).
Al pensare cosa può provare una persona che si sveglia in un ambiente simile: collegato alle macchine e totalmente dipendente da esse e dal personale del reparto. Ostaggio di una situazione che fa fatica a comprendere e ad accettare in stato di lucidità, e che non accetta in stato di delirio.

Ho procrastinato la lettura fino a che – mossi i primi passi – sono stata inghiottita e completamente coinvolta dalla storia.
Empatizzando con i protagonisti, emozionandomi e tifando per il buon esito della vicenda.
Rischiando anche di perdere le fermate dei mezzi pubblici, tanto ero immersa nella narrazione.

Due libri non per tutti, ma che tutti dovrebbero leggere.
Per sapere, per capire, per comprendere e per (nella eventualità) saper accettare e gestire.

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Foto tratta di Pixabay da Pexels

E nel mentre preparavo questo articolo, cercando in internet conferme di alcune notizie dell’autore, sono incappata in un articolo-intervista di un paio di anni fa rilasciata dall’autore al Corriere della Sera.
Leggendola ho compreso (credo) che quello che muove Marco Venturino allo scrivere è condividere e dare voce ai malati che incrocia sul suo cammino.

Ma credo che non sia tutto.

Credo che l’autore scriva queste storie anche per una personale necessità di metabolizzare, di elaborare, di esorcizzare (e anche di onorare) quanto quotidianamente vive e sperimenta sulla sua pelle.
In un atto terapeutico.

I libri dell’autore (tutti editi da Mondadori):

  • “Cosa sognano i pesci rossi”
  • “E’ stato fatto tutto il possibile”
  • “Le possibilità della notte” [di mia prossima lettura]

2 pensieri riguardo “Medicina e letteratura

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