Di Leadership femminile

lightbulblitup

Tempo fa condividevo su Facebook una riflessione sulla leadership declinata al femminile che sintetizzo qui sotto:

“[sto pensando] a quello che leggo su leadership maschile e leadership femminile. E più vado avanti e più provo “disagio” davanti a questa differenziazione. Perché? Perché per me non esiste leadership declinata al maschile o leadership declinata al femminile. Per me esiste la leadership. Asessuata. Per me la leadership (per come la concepisco e la sperimento in continuazione su me stessa) è qualcosa che non è legato al sesso della persona. Bensì è legato alla persona, come individuo, e alle sue peculiarità. È legata al suo carattere, al suo essere, ai suoi valori. Quando leggo di leadership femminile e di programmi ed eventi di formazione al femminile, giuro che mi scorre un brivido lungo la schiena.  E non è un brivido di piacere. Perché? Perché vedo degli stereotipi da auto-incaprettamento. Vedo leadership femminile espressa attraverso i tacchi alti… Attraverso capelli fluenti, rossetti,…Tutti canoni che rischiano di diventare degli stereotipi che cristallizzano in codici che possono trasformarsi in griglie di valutazione. E non va bene. Secondo me. Finché ognuno di noi – uomo o donna che sia – non sarà in grado di capire che la leadership non è legata a canoni estetici, a “status symbol”, a “dress code”, bensì è fortemente individuale (inteso come “individuo”, persona), e parte da dentro, continueremo a raccontarci tante belle teorie che spingeranno a incasellamenti forzati e a sviluppare ulteriori griglie. Quelle stesse griglie dalle quali soprattutto le donne in cerca di “identità di leadership” tentano di uscire.”

Con questo post si sollevò un dibattito abbastanza vivace. E dovetti spiegare un po’ di più cosa intendevo dire, specificando che la mia non era una riflessione offensiva nei confronti del genere femminile. Tutt’altro: era (ed è tuttora) un invito a non cadere nella trappola delle categorizzazioni. E – nello specifico – era (ed è tuttora) un invito ad essere prima di tutto leader e poi donna o uomo.

All’interno della discussione mi colpì un commento che offriva una chiave di lettura interessante: la leadership maschile viene vista più “impositiva”, la leadership femminile viene vista più “inclusiva”.

Questa osservazione mi diede la possibilità di ampliare il campo della discussione, facendolo uscire dal concetto di “etichette” e “recinti” (su cui stavo ragionando), per portarlo ad un altro livello, espandendolo e contribuendo ad una operazione di chunk up(è possibile leggere una definizione di chunk e chunking in questi articoli: Chunking up and downChunk su Wikipedia).

Ora, ragionando sull’inclusivo (donna) e sull’impositivo (uomo), sappiamo che numerosi studi scientifici hanno dimostrato che il modo di ragionare maschile è diverso dal modo di ragionare femminile. (Un dei numerosi articoli di riferimento, da cui è tratta la foto qui sotto: Brain Connectivity Study Reveals Striking Differences Between Men and Women)

cervelli
L’immagine mostra (in alto) le connessioni di un cervello maschile e (in basso) le connessione di un cervello femminile – ©Ragini Verna, PhD, Proceedings of the National Academy Sciences)

Ma penso che le due modalità di leadership menzionate sopra non siano necessariamente legate al genere. Ho una convinzione profonda che le modalità legate alla persona, al suo carattere e – cosa non meno importante – alla sua formazione culturale, sociale ed educativa hanno comunque importanza.

Faccio un passo in più.

Lo scorso weekend ho seguito via streaming l’evento benefico Dire Fare ed uno dei relatori presenti era il Generale Franco Angioni, che ha parlato di leadership. Senza menzionare donna o uomo, bensì affrontandolo come un concetto alto sganciato da qualsiasi categorizzazione. E due punti hanno richiamato alla memoria riflessioni che mi era capitato di fare in autonomia:

  • autorità e autorevolezza non sono la stessa cosa (l’autorità ti viene conferita da cariche, l’autorevolezza ti viene riconosciuta da altri)
  • comando non è necessariamente leadership (chi comanda dà ordini, chi è leader conduce il gruppo e non sempre le due variabili coesistono).

Ora mettendo insieme tutto ciò in modo sequenziale, e semplificando, emerge secondo me un equivoco di interpretazione:

genere (uomo/donna) –> biologia/neurologia–> modalità di pensiero –> tipo di leadership (impositiva per uomo; inclusiva per donna)

generando quella che io chiamerei una equazione complessa: “siccome è così, allora il risultato è questo”. Categorizzando un concetto che personalmente vedo molto più ampio ed influenzabile da molti più fattori esogeni ed endogeni.

Sono conscia che essere donna non facilita certi percorsi. Ma sono anche intimamente convinta che se si inizia:

  • a pensare alla leadership come ad una capacità (o visione)
  • a sganciarsi dalle etichette e dalle categorizzazioni
  • ad anteporre la comprensione del concetto alto per poi calarlo su di sé (in un processo di top-down che ti trasforma)

forse si riescono ad aggirare preconcetti che portano alla creazione di iniziative dedicate che – anziché aiutare nella creazione di una identità – rischiano di creare quei recinti di cui parlavo in apertura, e nei quali si finisce per rinchiudersi da soli (da sole, nello specifico).

Nota finale:

La leadership è un tema che mi è molto caro. Lo sento particolarmente in virtù della mia natura introversa che mi fa guardare con curiosità coloro che conducono e guidano gruppi. Di seguito riporto i link ad altri post che ho scritto, durante il mio percorso di studio, sperimentazione e apprendimento (tra parentesi ho messo le date di pubblicazione, per dare anche una connotazione temporale alla questione), uniti ad un paio di considerazioni sull’universo femminile e manageriale:

[Articolo pubblicato in data odierna sul profilo personale di LinkedIn]

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