Città, civiltà, lingue diverse, coesistenze, culture…
Sono queste parole che scrivevo sabato notte sul mio profilo Facebook, nel mentre aggiornavo la gallery caricando le foto che scattavo e condividevo sul social.
Cercavo un modo per descrivere la bellissima esperienza che stavo vivendo e nella quale mi ero calata in modo totalizzante. E che era iniziata quasi per scherzo.

Sì, perché tutto è incominciato qualche mese fa, appena era stata annunciata e lanciata l’edizione 2016 di Bookcity Milano.
Navigando nel sito, ero incappata in una “call to action” per poter essere una delle voci della città nella lettura del testo di Italo Calvino, “Le città invisibili”. E mi ero ritrovata a compilare il form on line con leggerezza (e ignorando completamente l’evoluzione della storia).
Dopo qualche settimana era arrivata la convocazione per le audizioni (avevamo risposto in circa 180 persone e si era resa necessaria una selezione).
E lì avevo iniziato a scoprire un mondo: persone provenienti da tutte le esperienze professionali, appassionate di lettura ad alta voce e di libri. (Alcuni facenti parte del Patto di Milano per la lettura.) Tutti lì, a fare le audizioni, in attesa (provando i testi scelti), in una atmosfera dal vago sapore di esame di maturità (o giù di lì). (Il gruppo si era un po’ assottigliato: avevamo risposto all’appello in 130 circa)
E poi il momento dell’audizione: l’impatto con una sala prove ed un microfono, con seduta all’altro lato della stanza la “commissione” composta da Giorgina Cantalini (che sarebbe stata colei che ci avrebbe preparato) e Daniele Abbado (regista della performance). Il batticuore (fuori dalla stanza ero calmissima), il controllo della respirazione a stento…
Ero già contenta così. Essere arrivata lì, avere deciso di partecipare, per me era un bel successo (vista la mia atavica natura rinunciataria.)
Ma poi è arrivata la sorpresa.
La mail di convocazione per le prove generali.
Ricordo di averla letta a tarda ora, rientrata a casa da una trasferta a Genova.
L’ho dovuta rileggere almeno un paio di volte, per essere sicura di non essermi sbagliata.
Sono arrivate le indicazioni per le prove generali nello spazio dove si sarebbe tenuto lo spettacolo (il Padiglione Visconti in zona Tortona a Milano, sala prove del Teatro alla Scala).




Due sere intense di presa di coscienza e ripensamento del proprio modo di lettura ad alta voce.
Di eliminazione della “sovrastruttura declamatoria” che applichi (consapevolmente o meno) per forzare la lettura dei contenuti.
Due sere di individuazione e comprensione della struttura del libro di Calvino “Le città invisibili”.
Poi le prove in autonomia, l’incespicamento che si fa più frequente all’approssimarsi dell’evento.
Nel mentre seguivo la pagina Facebook dell’evento, osservando il progressivo allestimento dello spazio e sentendo l’emozione farsi strada.

Decisamente una esperienza che porterò con me per tanto tempo.
Che seppur breve ed intensa, mi ha insegnato parecchie cose.
E che mi ha emozionato (la salita delle scale per accedere alla passerella dalla quale avremmo letto, i secondi di attesa, il batticuore nel mentre aspettavo il mio turno sotto i riflettori mentre i colleghi del gruppo leggevano la loro parte, la presenza del microfono [“Signore, ti prego, fa che non mi venga un colpo di tosse…!”])
Ma non solo…

E’ stata una occasione per ascoltare culture, musiche, voci, parole… di diverse città del mondo.
In un susseguirsi fluido, senza soluzione di continuità.
Una città ideale, polifonica, riunita nella sua molteplicità all’interno di un capannone. Che si è raccontata e – nel raccontarsi – ha composto un grande mosaico.
Ho ascoltato voci della comunità araba (Asfa Nibras e Bteibet Ahmed) e la voce proveniente da Damasco di Fayza Ismael.
Ho visto danze dell’Africa, e ho ascoltato musiche contemporanee.
Ho ascoltato le poesia in milanese di Franco Loi e la lettura corale del Teatro dell’ora esatta.




E poi la sorpresa di riascoltare (dopo tanto tempo) la voce di Ferdinando Bruni che ha letto – anche – un brano di Shantaram (uno dei miei libri preferiti), la scoperta di Federica Fracassi (del Teatro-i di Porta Genova) che ha letto un brano di Testori (Erodias).
E poi la scoperta di Antonio Rosti che ha letto passi del libro “Cartongesso” di Francesco Maino (testo che ho acquistato proprio oggi).





All’1:30 di notte ho ceduto. Purtroppo.
Se avessi avuto la forza sarei rimasta fino a mattina.
Dico purtroppo perché mi sono persa la visita e lettura di Vinicio Capossela alle due di notte, la lettura del capitolo di chiusura del libro di Calvino fatta al mattino da Moni Ovadia, la lettura notturna di Giorgina Cantalini (la seconda… perché ho perso anche quella di venerdì sera in Triennale…) e la chiusura dell’evento.
(E chissà quante altre cose ho perso, che non conosco e che sono accadute nel cuore della notte…)
Una nuova esperienza che mi ha aperto un mondo tutto nuovo.
Che ha rinforzato il mio amore per i libri e per la lettura ad alta voce.
E della quale sono felice di averne fatto parte, cercando di portare il mio piccolo contributo, la mia piccola tesserina nel grande mosaico che è stato composto nella notte tra sabato e domenica.
[L’immagine di copertina è una illustrazione di Monica Griffa della città di Eudossia (Capitolo “Le Città e il Cielo 1”) di “Le città invisibili” di Italo Calvino. Immagine tratta dal profilo Pinterest dell’autrice]
(La gallery completa delle foto che ho scattato è disponibile su Flickr: Bookcity 2016 – Maratona Di Lettura)

Un pensiero riguardo “Una maratona di lettura, una polifonia di voci”