“L’arte di correre” di Murakami Haruki

CopertinaL’ho trovato un libro strano.

Ho fatto molta fatica a partire.
Ad entrare in sintonia con il suo modo di scrivere.
Sì, perché all’inizio trovavo il suo stile un po’ discontinuo. Frammentato. Fatto di scarti improvvisi da un argomento (la sua passione per la corsa) all’altro (la sua vita e la sua attività di scrittore).

Poi è scattata la sintonia.
Non so esattamente a che punto, ma credo quando ho letto questa frase:

“La pazienza, la scrupolosità e la resistenza fisica sono sempre stati i miei titoli di merito, sia da quando ero bambino. Per fare un paragone con i cavalli, sono più vicino a quello da tiro che a quello da corsa.”

Da lì il percorso all’interno della sua metodica narrativa si è fatto più agevole, e le affinità si sono via-via moltiplicate:

“In una certa misura, penso che la sconfitta non si possa evitare. L’essere umano, qualunque essere umano, non può continuare a vincere in eterno. Nell’autostrada della vita, non si può sempre stare sulla corsia di sorpasso. Questo lo accetto. Ma ripetere lo stesso sbaglio, no. Da un insuccesso voglio imparare qualcosa che mi torni utile la volta successiva. Per lo meno finché mi è concessa la facoltà di farlo.”

“Sì, sono convinto che esistono processi che non subiscono variazioni, qualunque cosa accada. E, se li accettiamo così come sono, non ci resta che modificare noi stessi, trasformarci con l’esercizio ostinato e ripetitivo, fino ad assimilare quel processo nella nostra personalità. Forza e coraggio!”

Queste sono solo alcune riflessioni dell’autore che mi hanno colpito.
Ne ho sottolineate tantissime altre, ma non le riporto qui altrimenti il post diventa lunghissimo.

Alla fine credo che quello che mi abbia fatto apprezzare l’autore è stato il percepire, l’interpretare (perché di lettura personale si tratta), quello che Murakami scriveva come un qualcosa di molto affine a quello che a volte io leggo, percepisco e ascolto di me stessa. In termini di fatica, di successi, di insuccessi, di perseveranza, di forza di volontà, di sconfitte…

Ho letto tra quelle righe delle riflessioni intimiste, oggettive, anche permeate di una sottile malinconia, che ho apprezzato.

Ho interpretato, mi sono immedesimata, nelle riflessioni dinamiche dell’autore che scaturivano durante le corse:

“[…] i pensieri che si avvicendano nella mia mente mentre corro sono semplicemente dei derivati nel nulla, tutto lì. Si formano ruotando intorno al nulla.”

Ed essendo riflessioni in libero scorrimento ed associazione, forse lì ho capito che il suo modo di scrivere era voluto.
Ho ripensato di quando io vado a camminare e di cosa succede mentre mi lascio portare dalle gambe: dei pensieri che emergono, di come essi influenzano l’andatura, e di come l’andatura stessa ammansisca considerazioni che – magari – in prima istanza emergono dure, violente ed aggressive, costringendomi a fare inizialmente molta fatica fisica.

Murakami ha buttato giù appunti, pensieri, riflessioni, così come venivano:

“Perché non cerco di mettere per iscritto, nel modo che mi viene più spontaneo, ciò che mi passa pe la mente, ciò che sento? O per lo meno perché non comincio da lì?”

Non è un libro per runner.
Chi pensa di trovare un testo tecnico di allenamento, sbaglia.
Conviene che faccia altre scelte (le pubblicazioni in materia sono tante e valide).
Il suo è un testo di memorie, e come tale va preso.
E’ un libro dove vari lati della vita dell’autore si intrecciano.
E dove l’autore dimostra, descrive, racconta, di come i due aspetti principali della vita (la corsa e la scrittura) si alimentino l’un l’altro.
Traendone energia a vicenda, generando una metafora interessante.

2 pensieri riguardo ““L’arte di correre” di Murakami Haruki

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