Qualche giorno fa, condividevo una riflessione su Facebook in merito ad una sorta di “stanchezza sottile” che mi sta mettendo da diverso tempo nella condizione di desiderare ardentemente di stare seduta sul divano a non fare nulla e a fissare il vuoto…
Chiedo…Ma anche voi siete stati colti dalla sindrome “non ho più voglia di fare niente”?
Perché è qualche giorno che avrei solo voglia di stare seduta sul divano a fissare il vuoto senza fare assolutamente nulla…
Ditemi che anche qualcuno di voi si trova nella stessa situazione, perché se no mi preoccupo…
(E non ci sono vitamine che tengano, specifico)
Tante sono state le risposte ed in tanti ci siamo contati.
E se questo da un lato mi ha confortato (sono in buona compagnia), dall’altro mi ha fatto pensare all’onda lunga di ciò che abbiamo vissuto (questa “grande anomalia”).
Nel contempo poi il timore di scivolare nell’inedia mi fa restare vigile e mi fa stare in costante movimento (se non fisico, perlomeno mentale), guardando con sospetto ogniqualvolta la necessità di stare sul divano si ripresenti…
Necessità che poi il corpo rende impellente, andando a disturbare il sonno e quindi obbligandomi a fermarmi (sul sonno sto leggendo articoli e libri e ci tornerò).
Su questa sensazione avevo letto degli articoli (trovati casualmente) che mi ero ripromessa di recuperare e che – alla fine – sono riuscita a ritrovare.
Si tratta di due contributi che riflettono sul tema dello stato di inedia e – in un mio “collegamento lateralmente” – su cosa la pandemia sta portando come “nuova normalità” (termine abusato, lo so, ma non così scontato):
- La parola che state cercando è “illanguidimento” – su Il Post
- Tre mosse per avventurarci di nuovo fuori – su Internazionale
Sì perché riflettendo (e facendo riferimento ai due articoli) mi è sorto un “sospetto”.
Non vorrei che anziché uno stato di galleggiamento, non si trattasse invece di uno stato di transito da un punto A ad un punto B che l’esperienza che stiamo vivendo non ha fatto altro che accelerare (e/o far emergere).
Scrivo questo perché, non so voi, ma sento comunque sottostante una necessità di rallentamento e riperimetrazione delle attività.
Un esempio stupido?
Questa mattina ho fatto (finalmente!, dopo avere rimandato per mesi) la tessera delle biblioteca del piccolo comune in cui vivo (che fa parte della rete delle biblioteche della area geografico/metropolitana in cui si colloca) per evitare di andare ogni volta a Milano a ritirare o consegnare i libri presi in prestito. Cosa che prima facevo con grande piacere, reputando lo “stare nel paesello” una cosa riprovevole (estremizzo).
E ancora: mi rendo conto che ormai acquisto abiti e accessori quasi solo ed esclusivamente online su determinati siti (una sorta di pulizia ed ottimizzazione delle attività); quando – una volta – andare a fare shopping lo consideravo un must.
Senza contare invece le volte che – al termine di giornate apparentemente inconcludenti – sento la necessità di fare l’elenco di quello che ho fatto per capire cosa ho effettivamente fatto (per scrollarmi di dosso la sensazione di inconcludenza). Perdonate la frase piena di ridondanze…
Insomma sì… forse è una fase di transito dal punto A al punto B.
E come tutte le fasi di transito ci si stanca (dello stato attuale), ci si muove in modo anche un po’ caotico (vagando alla ricerca di qualcosa, tentando, montando e smontando cose) e ci si libera (talvolta faticosamente) delle cose che non ci servono più e/o che non hanno più senso (combattendo con la a me tanto cara sindrome F.O.M.O. [Fear Of Missing Out], che spesso cito e di cui ho scritto altre volte qui).
Detto ciò, confesso di continuare a temere è “l’illanguidimento” anche se – come dissi anni fa ad una amica – il togliere ci dà la sensazione di vuoto (che noi temiamo) ma nel contempo fa anche spazio, creando la possibilità di ingresso di cose nuove.
[Foto di copertina Chris Lawton su Unsplash]