Da un po’ di tempo a questa parte sono pervasa da una sorta di “furia iconoclasta al contrario” (generata dalle recenti esperienze e di cui scriverò in un post successivo), che si palesa in varie forme, comprese quelle inaspettatamente banali e domestiche: mettere a posto (sistemare) alcune piccole cose che “stavano là” da tempo… In attesa (loro ed io, soprattutto) che si risolvessero da sole o per intercessione divina…
Qualche giorno fa, dopo avere iniziato a riordinare armadi di documentazione e oggetti (buttando via “tonnellate di carta”), ho improvvisamente prestato attenzione al gancetto per gli strofinacci da cucina.
Quello a sinistra nella foto, con la mela tagliata.
Caduto mesi fa, per cedimento da vetustà dell’adesivo, ha languito per settimane in una ciotolina (pur avendo rincollato con pazienza certosina alcuni pezzi che si erano staccati nella caduta).
Osservando l’oggetto mi sono detta: “Barbara, ti aspetti che ‘sto coso si riattacchi da solo?!”
E così è scattato il primo blitz al Brico Center a caccia di una colla (un mastice?) adatto a riattaccarlo.
Con la scusa anche di approvvigionarmi di batterie ricaricabili per il cordless (anch’esso “languente” da mesi “perché tanto a me la linea fissa serve solo per internet!”, mi raccontavo) e una batteria per la bilancia della cucina (esaurita anch’essa…).
Nel mentre – sulla strada – deviavo verso la discarica (“stazione ecologica”) per svuotare il bagagliaio dell’auto ingombro di roba che sembrava il deposito di un robivecchi, e provvedevo al successivo approvvigionamento di lampadine alogene per “fare magazzino” prima che vengano definitivamente ritirate dal mercato (visto che nel frattempo si era fulminata anche la lampadina del soggiorno).
Ma non è finita qui.
Quello nella foto qui sopra è un “soffione di design” che ho quasi distrutto cercando di aprirlo per togliere il calcare.
Ma che essendo cementato dal calcare stesso, ho deformato e fatto sì che l’acqua trafilasse da ogni fessura e pertugio, senza riuscire nel mio intento.
Infastidita dalla faccenda, dopo giorni di (colpevole mia) procrastinazione, ieri ho fatto un secondo blitz allo stesso Brico Center aggirandomi tra gli scaffali di idraulica, cercando (e trovando) un degno sostituto.
Per la modica cifra di circa 36 euro (se penso a quanto ho speso per quello di design mi viene il mal di pancia).
Funzionale e funzionante.
Con buona pace dei pezzi di design che – purtroppo, a loro parziale discolpa – con l’acqua calcarea che ci ritroviamo, hanno vita breve.
Morale della storia?
Primo: mettere ordine nelle proprie cose, mette ordine anche nella propria testa. Ve lo assicuro. Provate per credere (per citare un vecchio slogan pubblicitario) e poi ditemi.
Secondo: sempre più convinta della bontà del “metodo Ikea” e del “mondo Brico”, fatti entrambi di pezzi facili e funzionali. (Potrei raccontare la storia di due amici con due cucine: il primo con la cucina Ikea, che ha anche smontato e rimontato per ristrutturare casa, e non ha avuto mai problemi di sorta; il secondo possessore di una cucina di design che ha avuto sempre qualche piccolo o grande problema di ante malfunzionanti, cerniere difettose, ecc. ecc.)
Sono sempre perplessa davanti alle lodi al design visto come il “produttore” di pezzi esteticamente meravigliosi, ma spesso assai poco funzionali.
Come citava Louis Sullivan (su Wikipedia in inglese e in italiano la sua biografia):
La forma segue la funzione.
Un oggetto che funziona, uno spazio facilmente fruibile, una funzione che viene assolta con semplicità ed immediatezza, sono obiettivi ben più importanti della bellezza ricercata ad ogni costo (a scapito della ergonomia).
Tanto più oggi in un mondo ad alta complessità (ma questo è un altro discorso).
Un pensiero riguardo “Di manutenzione e funzionalità”