Non so se capita anche a te di avere a che fare con eventi complessi che richiedono tanta pianificazione e tanta resistenza fisica e mentale (a volte sono delle vere e proprie maratone)…
Ebbene, di recente – con grande entusiasmo – mi sono imbarcata in una serie di iniziative che oltre a necessitare di una programmazione di tipo generale e sequenziale (“prima faccio questo, poi faccio quello e poi faccio quell’altro…”, smarcando via-via la to do list ed il calendario sul quale religiosamente appunto e segno impegni e cose da fare), necessitano anche di pianificazioni spinte ad un livello di dettaglio discretamente elevato.
E proprio questa super-pianificazione mi fa spesso pensare – per contro – all’imprevedibilità.
Quella cosa che sta in agguato, là fuori da qualche parte, e che personalmente vedo come l’altra faccia di una ipotetica stessa medaglia.
Per la quale una non può esistere senza l’altra.
Perché puoi pianificare tutto fino al micro-dettaglio e micro-secondo, ma devi comunque essere preparato all’imprevedibilità che sarà rappresentata da quell’unica variabile delle dimensioni di un “quanto” (visto che poco sopra ho scritto di “micro”) che non avevi previsto e che rischierà di “mandare serenamente in vacca” (perdona l’espressione… e chiedo scusa alle mucche) tutta la “bella & buona” pianificazione che hai fatto.
E allora, che si fa?
Nulla.
Nel senso che sì – va bene – pianificare ogni minimo dettaglio, ma una cosa che ho imparato in questi ultimi 2-3 anni è che ad un certo punto devi “fermare le bocce” (giocando sulla variabile temporale).
Sospendere le attività.
E far metaforicamente decantare la “situazione”.
Perché va bene verificare che tutto sia più-o-meno pensato e che tutto funzioni.
Ma devi anche fermarti.
E lasciare spazio alla flessibilità operativa.
Flessibilità (e improvvisazione) che alleni maneggiando gli imprevisti.
Perché “per saper improvvisare è richiesta una gran preparazione” (riflettevo tempo fa).
Una contro-intuizione che fa corto circuito con quanto ‘sto sostenendo in questo post.
Ma che conferma la mia strana regola (e convinzione) sulla esistenza dei dualismi.
L’imprevedibilità, che puoi (e devi) gestire anche con lucidità mentale.
Quella lucidità mentale che deriva dal fermarsi, e dal prendere le distanze e spostare il punto di osservazione.
Perché magari da lì, da quel punto nuovo punto di osservazione, ne scorgi l’ombra e ti prepari a gestirla.
[Foto tratte dal sito www.gratisography.com]