
Stamattina ho letto questo articolo che ho trovato molto interessante: “Emilie Wapnick sul perché alcuni di noi non hanno una sola vocazione”.
Chi mi conosce probabilmente intuisce che è stata una sana boccata di ossigeno per i miei neuroni (in questi ultimi tempi molto affaticati a causa di vicende varie e di complessa risoluzione).
Infatti tante, troppe volte mi confronto con l’obbligo professionale di fare delle scelte.
Di decidere cosa fare, su cosa focalizzarsi.
Per ottimizzare la gestione del tempo e diventare lo specialista di quel determinato campo (siamo sicuri che le nicchie di specializzazione siano la strada giusta in un mondo sempre più fluido e dai contorni sfumati?).
E se fossimo attratti da argomenti diversi e avessimo tante cose che ci piacerebbe fare? Beh, non c’è spazio per persone così in questo quadro. E allora forse potreste sentirvi soli. Potreste sentire l’assenza di uno scopo. E potreste avere l’impressione che ci sia qualcosa di sbagliato in voi.
Spesso mi capita di dialogare con amici e colleghi che osservano perplessi e mi suggeriscono di “sfrondare”, fare selezione, interpretando gli interessi molteplici come fonte di problematicità nella individuazione delle competenze.
E sovente mi è capitato di confondere gli interessi molteplici con il multitasking (vivamente sconsigliato, dopo anni di perorazione della causa, forse a supporto e giustificazione di una vita sempre più iper ed inter-connessa).
Confusione esclusivamente personale, dettata credo dalla auto-giustificazione di una caratteristica di difficile accettazione e di difficile collocazione in una realtà strutturata in un determinato modo.
Ebbene, tutto questo spesso mi ha portato fuori strada, generando disagio ed anche un po’ di sofferenza.
Ora però, leggendo il post di Roberta Mezzelani su Medium (che fa riferimento al TED Talk di Emilie “Why some of us don’t have one true calling”), pare che tutto quanto scritto e detto sino ad ora non sia (più?) esattamente così (per fortuna, aggiungo io…).
E forse è tempo anche di recuperare i concetti espressi in un libro che lessi nel lontano 2008 (agli albori del mio percorso di “crescita personale”): “Effetto Medici” di Frans Johansson (lo cito spesso).
Un libro che mi piacque molto e che credo fosse pionieristico per i tempi.
Antesignano di un’epoca ed individuatore di “figure professionali” che forse oggi iniziano ad avere una identità più definita.
Link utili:
- l’articolo di Roberta Mezzelani (origine di questo post): “Emilie Wapnick sul perché alcuni di noi non hanno una sola vocazione”
- un articolo sul multitasking (ed i suoi effetti negativi) scritto da Annamaria Testa: “Multitasking: inefficace, disorganizzato e tossico”
Libri interessanti:
- “Effetto Medici” di Frans Johansson
- “Quando meno te lo aspetti: La crisi può essere la tua grande occasione” di Magnus Lindkvist
Bellissimo stimolo, grazie Barbara.
Da oggi, quando qualcuno mi dirà che sono svampito, risponderò:
No: multipotenzialista.
Poi approfitterò dello sguardo stupito dell’interlocutore per scapparmene via!
Ciao Luca 🙂
Grazie!
Che ne dici di: esperto in inter-disciplinarietà, multi-disciplinarietà e trans-disciplinarietà…?
Così lo lasci totalmente sbilanciato (l’interlocutore)
La tagline del tuo blog dice già tutto 🙂
Molto interessante il riferimento al libro di Johansson.
Grazie!
Ciao Roberta,
eh già… la tagline rappresenta (cerca di rappresentare) la mi costante e continua ricerca di quello che definisco come la mia Araba Fenice 🙂
Il libro di Johansson mi piacque veramente tanto!
Lo rileggerò, curiosa di vedere se a distanza di anni sortisce ancora lo stesso effetto 🙂