La scelta del libro da leggere…

Libri“Le cose non si sanno, si hanno dentro.” [Roberto Cotroneo]

Spesso, finito un libro, passo qualche ora (a volte anche qualche giorno) a scegliere cosa leggere di nuovo.
E così è stato anche questa volta.

Finito con un po’ di fatica “Le quattro casalinghe di Tokyo” (sul quale ragionerò a breve perché ci sto ancora ruminando sopra e attorno), avevo pensato di leggermi un manuale.
Per spezzare il ritmo e dare una mano all’esausto emisfero sinistro, duramente provato dalla lettura del libro di Natsuo Kirino.

Così ho pensato fosse arrivato il momento di prendere in mano “Detto fatto” di David Allen. Pensando ad un aiuto per trovare idee ed ispirazione su come gestire il tempo, che stento assai a controllare ultimamente.
Ma lette pochissime pagine, ahimè!, mi sono arresa sentendo che serpeggiava il disinteresse ed un senso di rifiuto ormai presente ogni qual volta prendo in mano un manuale.

Allora, rovistando nelle torri di libri che mi assediano, e pensando a cosa poter leggere, ho guardato gli ultimi acquisti (tutti romanzi) ma, “pur guardandomi tutti con gli occhioni, supplicandomi ‘leggimi!’“, nessuno mi convinceva.

Poi – ieri sera – chiacchierando con un amico su “Le quattro casalinghe di Tokyo”, che entrambi abbiamo letto, l’ho guardato e gli ho detto: “Sì, so cosa leggere! Sì, stasera inizio ‘L’armata dei sonnambuli’ di Wu Ming [collettivo di scrittori, n.d.r]!“, e la chiacchierata si è diretta verso Wu Ming, verso “Guerra agli umani”, verso “1954” (per me strepitoso!), verso “Q” (che scandalosamente non ho ancora letto).
Guidavo verso casa con la convinzione di avere trovato il degno successore del thriller giapponese appena terminato.

Ma poi cosa è successo?
Tornata a casa, l’occhio è caduto su “L’arte della diplomazia” di Kissinger. “Già, perché no?”, mi sono detta.
Così, motivata e fiduciosa, ho iniziato a leggerne qualche pagina.
Soccombendo poco dopo, complice il sonno e l’ora tarda…

E poi, stamattina all’alba, sono stata svegliata da uno strano pensiero (da dove è arrivato non ne ho la più pallida idea…):

Perché bisogna vivisezionare le storie?
Perché bisogna far loro radiografie per analizzarne la più piccola componente?
Perché non si può semplicemente solo raccontare le storie, lasciando intatta la magia e l’alchimia?
Lasciando libertà di espressione a chi racconta e libertà di comprensione in chi legge?
Traendone entrambe ciò che è più utile e benefico?

Un pensiero assai strano, emerso dal nulla alle 6 di stamattina… senza alcun motivo apparente.

E così, complice la sveglia antelucana, l’occhio è caduto stavolta su un altro libro parcheggiato sul comodino: “Mappe e leggende” di Michael Chabon, dalla copertina molto accattivante.
Preso in mano e letta qualche pagina, mi sono persa quasi subito nel linguaggio piuttosto ricco e “circonvoluto”.
(“No, niente da fare… Neanche questo va bene…”)

Ma ecco che infine mi sono ricordata di un libro di recente acquisto: “Il sogno di scrivere” di Roberto Cotroneo. Di cui ho letto critiche ed elogi.
Così, ho preso in mano il kindle e ho iniziato a leggerlo.
E sono stata catturata.
Subito.

Ho iniziato a sentire muoversi in modo inaspettato delle emozioni.
Agganciata fin da subito dalle prime riflessioni dell’autore (che già apprezzo attraverso il suo blog, che leggo spesso).

Finalmente, dopo una serie di tentativi, credo di avere trovato il giusto compagno di viaggio dei prossimi giorni, che mi seguirà nei miei tragitti da e per l’ufficio e mi farà compagnia negli “sfridi del tempo”

E mi sorge spontanea una domanda: ma sono l’unica che ha un processo di scelta così “avvitato a cavatappi”?
Qualcuno mi conforti, per favore, perché inizio seriamente a preoccuparmi della mia sanità mentale…

Buon weekend!

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