Avevo sentito parlare di questo libro qualche tempo fa: mi era passato davanti un post su un social network e mi ero detta “Interessante…”.
Avevo mentalmente preso nota, poi – come spesso accade – l’informazione si era persa nei meandri della mente. Fino a quando – qualche settimana fa – non mi sono ricordata di quel libro che raccontava la storia della costruzione dell’Autostrada del Sole. Sono partita alla ricerca del testo e dopo un paio di giorni l’ho trovato (anche in versione e-book) e l’ho prontamente acquistato.
Un libro bellissimo.
“La strada dritta” di Francesco Pinto, è una storia.
La storia di una Autostrada (con la “A” maiuscola): la storia della sua costruzione, del cantiere, degli uomini e dei mezzi impiegati per costruirla, degli uomini che l’hanno progettata.
Ma è anche la storia di un Paese: l’Italia del dopoguerra, degli anni ’50 e dei primi anni ’60, della televisione, del Festival di San Remo, delle Fiat 600, di emigranti.
In un grande mosaico, nel libro si intrecciano storie personali e corali, storie di fatica, di speranza e di tenacia, con una gigante che fa da filo conduttore: l’Autostrada del Sole.
Questa opera di alta ingegneria, voluta fortemente da un manipolo di uomini che – contro ogni previsione, contro ogni avversità geografica (l’Appennino ed il Po, due giganti di Madre Natura, che sfidano uomini e mezzi), superando ostacoli surreali amministrativi e politici – riescono a realizzare qualcosa su cui nessuno avrebbe scommesso una Lira.
Leggendo questo libro mi sono appassionata davanti ai racconti del cantiere, mi sono commossa davanti alle storie personali dei singoli protagonisti, ho con-partecipato alle vicende che si snodano attorno a questa gigantesca opera.
Leggendo questo libro ho rivissuto quello che si vive sui cantieri e ho ripensato ad un cantiere in particolare nel quale ho speso due anni della mia vita e dove – masticando amaro, ma portandomi a casa tante soddisfazioni – alla fine, guardando l’ospedale finito da lontano (dalla baracca di cantiere), ho pensato: “Barbara, ce l’hai fatta. Sei arrivata in fondo. Ce l’hai fatta.” Quella volta lì, uscendo dal cantiere per l’ultima volta, dopo che ci siamo salutati con gli altri componenti della squadra, mi ricordo che mi commossi: scattò la lacrimuccia, mentre guidavo e tornavo verso l’ufficio.
Ecco, leggendo questo libro, ho rivissuto alcuni momenti di storia personale: di vita e di lavoro.
Un bel libro.
Un monito che ci deve ricordare che siamo in grado (anche oggi) di fare grandi cose.
Nonostante tutto e nonostante tutti.
Nevio guardava i coriandoli che erano finiti nel suo bicchiere di vino. Erano quattro, quattro come gli anni che erano passati da quando si era presentato in via Po. Erano stati belli e indimenticabili quegli anni: gli uffici angusti della prima sede provvisoria, dove anche il suo tavolo da disegno faceva fatica ad entrare, gli scontri con l’ANAS, il prazo con il grassone, l’elicottero che sorvolava l’America. Ricordava ongi cosa, anche la più piccola.
Era stato bello, ma era passato, tutto passato nel momento in cui l’autostrada aveva cominciato ad essere vera.
Immagini tratte da: www.cronologia.leonardo.it – www.indire.it