Manualità vs progettualità

Il robot YuMi (ABB)
Il robot YuMi (ABB)

Ho pubblicato questo articolo su LinkedIn qualche settimana fa, dopo una delle visite in Expo.

Ed oggi ho deciso di condividerlo anche qui – sul blog – in una “struttura” più organizzata.

L’obiettivo del post non era (e non è) parlare dell’evento Expo e/o delle vicende ad esso collegate: penso si siano sono spese (e si spendano tutt’ora) migliaia di parole, da più punti di vista. E non mi sento di aggiungere ulteriore caos alla interpretazione di questa manifestazione. Mi diletto solo a far parlare le immagini, condividendo sui social le foto che faccio, e trovandola – tra l’altro – una manifestazione molto bella dove l’architettura fa da padrona.

Desidero invece ragionare su quello che ho visto nel Future Food District creato da Coop: YuMi, il robot realizzato da ABB, operativo all’interno del supermercato-prototipo (spazio progettato – tra gli altri – da Carlo Ratti del MIT). Osservando questa macchina che sposta, inscatola, ordina, ho avuto la sensazione di “avere preso un bel granchio” (per usare un eufemismo).

Sì, perché mi è tornata in mente una precedente installazione dimostrativa progettata e realizzata dall’architetto Carlo Ratti: il robot barman Makr Shakr, portato a Milano in occasione di una sua “lecture” per Meet the Media Guru.

E mi sono ricordata anche di un articolo letto qualche giorno prima che presentava il robot muratore Hadrian, in grado di costruire una casa in due giorni.

In tutto questo convergere di informazioni sull’avanzata della tecnologia delle macchine, è stato inevitabile il rimando alle riflessioni fatte qualche tempo fa sulla nostra esperienza (che forse – ma non è detto – ci salverà), sui lavori che stanno scomparendo, sui prototipi di auto e camion che si guidano da soli (Mercedes ne sta testando uno).

Future Truck 2025
Un rendering del Future Truck 2025 – © Mercedes

E ho pensato che forse la convinzione che la manualità sia quella competenza che garantisce comunque un futuro, non sia totalmente corretta.

Sicuramente è un attività umana sulla quale si può e si deve continuare ad investire, ma non mi sembra la via di uscita.

Dal mio punto di osservazione, il mondo con il quale ci stiamo gradualmente ed inesorabilmente confrontando sempre più è un mondo fatto di macchine, “app”, software… Dove la nostra intelligenza e capacità di programmazione (unite alla nostra creatività) possono essere la chiave di volta (pensando anche all’auto-produzione con stampanti 3D).

Non c’è bisogno che lo dica io (ci sono fior-fiore di studiosi, scienziati, ingegneri, che ci ragionano e ci lavorano attorno), ma credo che ci si debba sforzare nell’avere una visione della propria professione su media e lunga gittata. Ponendoci domande su come vogliamo trasformarla, su che direzione vogliamo prendere, su cosa vogliamo fare, su dove andare a catturare ed imparare le tendenze del futuro.

Con pragmatismo, lungimiranza, senza paura (la cosa forse più difficile) e senza smettere di imparare.

[E continuo a domandarmi – quotidianamente – se e quanto possa valere l’esperienza accumulata sino ad oggi… Forse come “forma-mentis”… Ma come esperienze accumulate, non ne sono più tanto convinta. A meno che non ci si sprema le meningi su come ricombinarle in modo nuovo, in funzione di quello che verrà e che ancora non conosciamo, visto che lo stiamo disegnando…]

Chiudo con qualche link ad articoli di approfondimento:

  • manco a farlo apposta, oggi ho letto su LinkedIn questo articolo (in lingua inglese) pubblicato sul “magazine” di Speexx (azienda che si occupa di formazione in lingue straniere per le aziende) che ragiona attorno allo stesso argomento, in toni rassicuranti (riconoscendo comunque una mutazione in corso delle professioni): Technology creates jobs.

Se volete invece approfondire su YuMi, su Makr Shakr e sul Future Truck, qui sotto trovate degli articoli dedicati:

Una piccola storia e qualche lettura in rete

  
[Avviso ai naviganti: questo post è scritto e pubblicato da tablet, quindi è probabile che l’impaginazione non sia ottimale. Mi scuso per questa eventualità e prometto di sistemarlo al mio ritorno su Pc. Nel caso in cui invece l’impaginazione sia corretta… Beh… Fate finta di non avere mai letto questo annuncio…]

E dopo l’avviso introduttivo mi accingo a condividere una piccola storia. Leggera ma – spero – non superficiale.

La storia parte da un po’ lontano: diversi mesi fa ho ricevuto un messaggio privato sul mio canale YouTube da una ragazza di nome Luisa. Mi accorsi del suo messaggio con un mese di ritardo (per me un tempo troppo lungo per rispondere ad una persona) ma la questione ancora più importante era che mi chiedeva consigli su quali libri leggere e – soprattutto – come trovare i libri più adatti per se stessi. 

Una bella responsabilità per una come me, che legge libri per diletto senza nessun obiettivo particolare, senza nessuna formazione come critico letterario (o simile), bensì lasciandosi ispirare da recensioni (professionali e non), copertine (ebbene sì! strumento assai persuasivo), e altre suggestioni. Le diedi dei pareri personali, le spiegai che io avanzo per tentativi ed errori e che mi capita di incappare in libri difficili da digerire (in questi giorni sto arracando con “Pensieri lenti e veloci”, indubbiamente interessante ma un po’ pesante…).

Dopo la mia risposta, la cosa finì (apparentemente) lì.

In questi mesi poi ho sempre più faticato a mantenere il ritmo di un libro alla settimana (con relativa pubblicazione di videoriflessione su YouTube) e spesso ho pensato di chiudere l’esperienza. 

Ma Luisa è (provvidenzialmente) tornata con un nuovo messaggio che mi ha motivato ad andare avanti. Oltre a ringraziarmi per averle fatto scoprire il libro “Spade” di Giovanni Gastel (e la realtà 5×15, dove Gastel ha tenuto uno speech intenso di 15 minuti), mi ha ringraziato anche per averle fatto conoscere il blog di Zelda di Was a Writer (che cito spesso nei video, frequentando il suo bookclub).

E mi ha chiesto se conoscevo altre realtà come quella di Zelda Was a Writer… 

Domanda ardua!

Non solo perché “Zelda” è unica nel suo genere, ma anche perché non sono una esperta di blog. Anche qui avanzo per tentativi, e ciò che seguo rispecchia il mio personalissimo gusto.

E così mi sono ritrovata a pensare a cosa potrebbe essere utile ed interessante per gli adolescenti (Luisa è giovanissima), senza essere noioso. Ed è scattato l’azzardo (sperando di non aver alzato troppo il tiro). 

Ho pensato a quattro blog/siti particolari di cui due forse un po’ complessi, ma che penso possano dare moltissimo anche a persone in giovane età (non solo agli adulti). [Portarli nelle scuole, buttando dalla finestra programmi vetusti, sarebbe una gran bella cosa]

Sono tra i miei preferiti nell’area creatività e cultura (e cerco di seguirli il più possibile anche se il tempo è tiranno)

  • Meet the Media Guru (con i suoi articoli e la sua sezione dedicata alle “lecture” delle conferenze che organizzano e che possono essere seguite anche in streaming)  – http://www.meetthemediaguru.org
  • Nuovo e Utile (il magnifico blog curato da Annamaria Testa, continua fonte di informazioni di alto livello) – http://www.nuovoeutile.it
  • Brain Pickings (sito in inglese, vasto, contiene spunti provenienti dalla cultura in senso lato… arte, libri, filosofia… un progetto vastissimo) – http://www.brainpickings.org
  • TED (bisogna presentarlo…? non credo… video dei “TED talk”, sezione blog con articoli, suggerimenti di lettura dagli speaker di TED… una banca dati di condivisione straordinaria) – http://www.ted.comhttp://blog.ted.com

Non so se andata fuori tema con Luisa. Spero di no. Spero di averle dato ulteriori fonti di ispirazione…

Nel frattempo se avete altri suggerimenti, e volete condividerli nei commenti, ve ne sarò grata! Perché non si smette mai di imparare e nel web, l’evoluzione di contenuti e piattaforme è molto rapida e fluida.

Buona navigazione! E buon ferragosto!

PS: qui sotto i due link ai due libri citati nel post:

Arte vs Scienza?

In attesa
In coda per entrare alla Mediateca Santa Teresa

Mercoledì scorso ho assistito all’incontro Focus di Meet the Media Guru.

Si è parlato di innovazione culturale, arte, interdisciplinarietà e intradisciplinarietà.
Più che un focus organizzato e logico, sono state dette cose, e raccontate esperienze e progetti che hanno indotto suggestioni in chi ascoltava.
In taluni casi alcuni concetti consolidati sono stati ampiamente forzati (quello del tempo, per esempio).

E reduce anche dal TEDx Verona di domenica scorsa, mercoledì sera – sulla strada di casa – meditavo.

Nel giro di qualche giorno ho incrociato due mondi.
Quello digitale e della cultura di Meet the Media Guru, e quello delle storie di TEDx (fatte di scienza, architettura, management,…).

Ed è stato inevitabile fare dei confronti.
Confronti che fanno il paio anche la propria formazione culturale e professionale.

E la sensazione che mi sono portata a casa è stata quella di avere ascoltato due ore di magnifici esercizi di stile e filosofici.
Che poco hanno di concreto.
Che sicuramente stimolano e ampliano la visione delle cose, spostando anche i (propri) punti di vista.
Ma è come se mi fosse rimasta la sensazione del: “Sì, va bene, e allora? A che serve tutto questo? Che vantaggio porta?”.

Wall MtMG
Il cortile della Mediateca

Dubbi, perplessità e domande.
Che son sicura che stanno lavorando in profondità, e che allo stato attuale magari lasciano un senso di inconcludenza e autoreferenzialità fine a se stessa.

Ma come diceva un relatore domenica a TEDx, l’artista sogna e lo scienziato crea. E dal loro connubio possono nascere cose straordinarie.

Quindi, nonostante assistere a questi incontri possa risultare “strano” e inutile a chi ha formazione ingegneristica (e/o un mente pragmatica), nonostante possa capitare di ascoltare cose che vanno in conflitto con le proprie convinzioni, strapazzando i confini di comprensione, vale la pena.
Vale la pena ascoltare anche cose lontanissime da se e dai propri interessi.
Penso sia un buon modo per inseguire, perseguire e costruire la interdisciplinarietà.

Di seguito i tweet della serata che ho scritto e condiviso (dal più recente andando indietro, all’inizio della conferenza):

Storytelling per Exhibitionist

foto

Mercoledì sera ho assistito alla conferenza di Andrea Fontana (dell’Osservatorio di Corporate Storytelling), in merito allo Storytelling applicato alle fiere.

L’iniziativa rientra all’interno della rassegna Exhibitionist, di Fondazione Fiera (in collaborazione con Regione Lombardia, Camera di Commercio e Meet the Media Guru): un ciclo di conferenze che coniuga il mondo fiera con le nuove tecnologie ed i nuovi modi di comunicazione.

Mercoledì 20 marzo è stata la volta di una disciplina che sta acquistando sempre maggiore attenzione anche in Italia: lo Storytelling.

E’ stato interessantissimo. E’ stato un evento denso di spunti e che – personalmente – mi ha aperto un mondo di notevoli dimensioni.

Ed anche la forma di narrazione della conferenza è stata una esperienza di storytelling: via le slide, sì ad una telecamera in posizione zenitale, che riprende il tavolo sul quale Andrea Fontana mostra oggetti, fogli e foto che vengono proiettati sul mega-schermo alle sue spalle.

Insomma, una “Super-Esperienza“. Un viaggio molto interessante.

Di seguito, una serie di appunti presi in ordine sparso, durante la conferenza…

Diritti al Racconto:

  • diritto alla bilocazione: se vogliamo raccontare qualcosa, dobbiamo poterci perdere
  • diritto alla emozione autobiografica: una emozione che cambia aspetti della nostra esistenza
  • diritto di credere: quando ci raccontano qualcosa, noi sospendiamo la nostra capacità critica
  • diritto a perdersi: diritto a perdersi all’interno della narrazione
  • diritto a combinare la dimensione analogica con quella digitale (viene citato il caso di Moleskine Evernote: una applicazione associata per Android associata ad una particolare forma linea dei famosi taccuini Moleskine)
  • diritto ad essere imprigionato dalla narrazione: legame con la realtà

Parola chiave: Tradinnovazione

Stato d’animo chiave: passione erotica – la narrazione genera passione.

La narrazione è un processo mentale: pensiamo per narrazione. Quando narriamo qualcosa a qualcuno si verifica una sincronizzazione dei cervelli.

Cos’è un racconto? Diventa un medium mentale permanente:

  1. protagonisti
  2. azioni
  3. obiettivi
  4. trame
  5. risultati

Case History 1: Fiera Linea Pelle: una fiera che – grazie ad un esperimento di storytelling – viene riproposta in chiave totalmente nuova ed esperienziale, uscendo dalle mura delle fiera e coinvolgendo l’intera città. Lo slogan dell’edizione 2012 è stata “Linea Pelle – la magia della pelle nelle fiabe“, partendo proprio da un libro di fiabe per ragazzi, creando una esperienza narrativa.

Nella creazione di un evento narrativo i fattori dominanti e da tenere sotto controllo:

  • racconto 
  • mezzi
  • processi di costruzione
  • spazio
  • lettore/visitatore

“Se io racconto qualcosa a qualcuno, la cosa più importante non sono io, sei tu.”

Tema – Analisi del lettore – Racconto

Racconto: 1) protagonisti – 2) trame – 3) conflitto – 4) risoluzione

Stage craft (allestimento scenico): Carta – Relazione – Web

Urbanian Pavilion Shanghai 2010 – Photocredit Kossman-Dejong (https://www.kossmanndejong.nl)

Case History 2: Urbanian Pavillion Shanghai 2010.

Il tema del padiglione dell’Expo di Shanghai (2010) è la qualità della vita urbana, espressa come problematica in cinque macro-aree:

  1. Salute
  2. Apprendimento
  3. Connettività
  4. Casa
  5. Lavoro

L’innovazione sta nel cambiamento del mindset.

urban-pavillion-1

Case History 3: il comune di Bugarach. Venuto alla ribalta in occasione della presunta fine del mondo (2012), come unico luogo che si sarebbe salvato dalla catastrofe, è un esempio di come la narrazione genera un destino.

La narrazione genera un destino.

La comunicazione sta transitando verso “la problematizzazione del bene”. Non è più “il bene ti risolve il problema”. Si sta passando dal Dr. Kildare al Dr. House

Costruire un universo narrativo.

La narrazione genera una super-esperienza (io mi devo perdere nella narrazione).

Il palinsesto è la struttura che crea l’organizzazione narrativa.

Transmedia Storytelling: universi narrativi paralleli interrelati fra loro che portano alla gemmazione di storie.

L’utente
– vuole perdersi ed avvolgersi nel racconto, oppure…
– vuole esplorare.

Noi siamo dei copioni formattati in un certo modo, derivato da esperienze.

Qualche suggerimento bibliografico:

  1. Raccontarsela” di Alessandra Cosso, Lupetti Editore
  2. Manuale di Storytelling” di Andrea Fontana, Etas Libri
  3. Lost in a book” di Victor Nell, Yale University Press

Manuel Castells – appunti in libertà

manuel_castells_reti_indignazione_speranza_egea

Questa sera ho seguito in streaming la conferenza che Meet the Media Guru ha organizzato con Manuel Castells.
Bella esperienza (per me che mi considero ancora una neofita del web), utilissima e ricca di stimoli. Due ore dense di informazioni, di citazioni di ricerca e di tanto altro ancora.
Di seguito gli appunti presi durante la conferenza… Lasciati così, come sono stati presi, nella immediatezza del momento… Utilizzando tutti i dispositivi possibili esistenti per condividere in tempo reale su Twitter.

Generare idee e contenuti.
Cultura digitale.
Negli anni 90 Castells anticipava i concetti di condivisione in rete (mentre noi combattevamo con i nostri modem…)
Maria Grazia Mattei innovatore culturale e agitatore digitale/sociale [Manuel Castells]
Io faccio ricerca, mi interessa la ricerca. Non faccio politica.
Questa crisi non è globale perché il 70% del mondo sta crescendo molto velocemente.
“After math”, libro appena pubblicato a Londra.
Cultura economica alternativa: la vita nuova e migliore la voglio vivere adesso, non dopo la rivoluzione!
Ricerca sofisticata sulle dinamiche economiche nuove, tramite – per esempio – “la banca del tempo”.
Reti di “divise” sociali, valute sociali.
Siamo sempre più liberi dalle banche rispetto al passato.
Movimenti sociali dell’era internet. Internet è una piattaforma sociale utile per la diffusione di questi movimenti.
Prevedere il passato. Verificare i nostri concetti sulla base di ciò che è avvenuto.
La nascita di questi movimenti avviene in genere in seguito ad una crisi. Sulla base di come viene gestita la crisi dai governi. Outrage. Indignazione.
Persuasione e coercizione. O noi aderiamo alle idee che ci vengono date e sviluppiamo una mentalità. Oppure vengono usati sistemi più duri di coercizione.
La battaglia più importante per il potere è sempre stata per la comunicazione.
Se cambia il processo di comunicazione, cambiano anche i nostri cervelli.
Auto comunicazione di massa, supportata da internet e dai dispositivi mobili. È cambiata di conseguenza anche l’organizzazione della comunicazione.
Internet è una piattaforma organizzativa che riesce ad elaborare una forma di comunicazione (favorita la comunicazione orizzontale).
Comunicazione verticale: tivù.
Intelligenza affettiva: se prendo esempio delle emozioni collettive, quello che fa scattare la molla è la “rabbia”. Il “timore” crea ansia e reprime. La paura è l’emozione più importante nel controllo.
Togetherness: Il collante dei grandi processi è la comunità, lo stare insieme.
Caratteristiche fondamentali: sono delle reti (in tante forme: internet, ma dalla strada parte tutto… Internet ci fornisce delle piattaforme di autorganizzazione di comunicazione, reti online e offline… Tante forme di associazione spontanea… Non c’è bisogno di una leadership centralizzata…)
Il movimento è molto difficile da sostituire: non ha regole precise. Le reti non sono vulnerabili perché non sono facilmente identificabili.
Le comunicazioni virali non sono facilmente tracciabili.
La leadership non è centralizzata.
I movimenti sono globali e glocali.
La sfera pubblica è nella comunicazioni. Stare insieme. Creare una comunità.
I movimenti non sempre hanno idee condivise. Possono avere idee da condividere, dissensi da condividere ed un progetto da creare.
Mancanza di obiettivo specifico. Il punto di debolezza è che non si capisce per cosa stai combattendo. Il punto di forza è che tutti quanti possono partecipare al movimento. Open-ended.
Non mi posso organizzare se sono un anarchico. Nel momento in cui mi organizzo non sono un anarchico.
I movimenti sociali sono quelli che dicono di essere. Vogliono difendere e proteggere i bisogni della gente. Difendendo la dignità e libertà della gente.
Le utopie sono i punti di partenza, incarnandosi e diventando parti delle menti delle persone. Concretizzandosi in qualcosa.
Movimenti arizomatici: il rizoma è internet. Espansione arizomatica.
Ogni cambiamento di politica deve passare attraverso le istituzioni politiche. La politica deve quindi aprirsi. Ed i valori non negoziabili dei movimenti, sono molto importanti e diventerà inevitabile confrontarsi con loro.
I governi ora stanno agendo come dei robot (con da un lato un dio divoratore con le fauci spalancate che è il mondo finanziario), ma di fronte hanno visi, gente con valori e bisogni.
Controllo delle persone sulla propria vita. Approccio olistico alla nostra vita. Con i movimenti si può intervenire nel miglioramento dello stile di vita e nella salute della gente.
Imprenditorialità: piccole e medie imprese offrono opportunità. Non le grandi corporation: troppo verticalizzate, mastodontiche. Formazione, politiche di crescita e mentalità imprenditoriale (essere imprenditori di sé stessi). Auto-imprenditorialità.
I cambiamenti politici possono avvenire solo attraverso una spinta dal basso.
Tanti semi che possano generare nuovi alberi e nuovi cambiamenti.