Decameron 4.0

Durante l’ultimo meeting (online) del Milan-Easy Toastmasters Club ho tenuto un breve discorso del nuovo percorso educativo Pathways.
E’ stata una buona occasione per condividere (e/o perseguire) due obiettivi.

Il primo relativo alla modalità di comunicazione (comunicazione in video, che tanta importanza ha assunto improvvisamente a causa della pandemia Covid19), il secondo relativo a cosa condividiamo e raccontiamo in questi giorni di isolamento sui social network.
(La qualità del video è bassa perché ricavato dalla registrazione del meeting via Zoom)

Di seguito il testo del discorso, disponibile in formato pdf qui:

Una nota esplicativa

I colori usati per evidenziare la varie parti del discorso, mi sono tornati utili per avere una memoria visiva dei vari passaggi.
Non sono necessariamente un rimando agli argomenti trattati in diversi punti del testo (non ci sono collegamenti univoci tra argomento e colore), bensì si tratta di una semplice individuazione dei vari “pezzi” di cui è composto.

Chi mi conosce sa che peroro la manualità nella preparazione dei propri discorsi (scrittura a mano, disegni, schemi, matite e pennarelli…).
In questo caso mi sono trovata a scrivere velocemente il testo al computer (dopo diversi giorni di ruminamento su “di cosa parlo?”) e a lavorarlo successivamente, cercando un modo che aiutasse la mia memoria visiva a ricordare i vari passaggi in una sequenza di colori riconoscibile anche a colpo d’occhio.

Un diario fotografico

Sicuramente stiamo vivendo un periodo che ci sta rivoltando come un calzino.
Emotivamente, operativamente,…
E ognuno di noi lo sta vivendo a modo suo.

Io mi sto ritrovando a riflettere sempre più spesso su cosa desidero (non su cosa “voglio”, una parola che sento arrogante e credo ormai abbia fatto il suo tempo).

Cosa desidero (o desidererei) per me, il babbo, le persone che mi sono care, gli amici, i colleghi… tutti immersi in questa vicenda che ci sta cambiando (chi più velocemente, chi più lentamente).
Immersi in un ambiente che ci sta modificando nel profondo.

Rifletto, penso a cosa desidererei, a “dove” vorrei vivere (il “dove” inteso come realtà, non necessariamente come geografia).

E nel mentre, complice anche i ritmi rallentati e dilatati (quasi talvolta sospesi), pubblico post, scatto fotografie con lo smartphone, lavoro, pulisco la casa e tento (maldestramente) di cucinare qualcosa… (mi sono autoproclamata “cintura nera di cibi pronti”…) .

In tutto questo scorro le timeline leggendo le mie e altrui parole.
Guardando le immagini mie e altrui.
E penso anche alla loro impietosità (delle timeline) e alla loro “volatilità”: tutto questo si perderà nel (nostro) passato, restando archiviato in qualche server geograficamente collocato oltre il Circolo Polare Artico.
E noi dimenticheremo le emozioni che abbiamo vissuto e le cose che abbiamo visto in questi giorni molto particolari…

Così poco fa mi sono detta: “Scusa, ma perché non archivi le foto che stai scattando in questo periodo in un album dedicato su Flickr…?”

Mi sono messa di buzzo buono, ho messo ordine, ho scremato un po’ (la condivisione serrata genera un po’ di caos nell’archivio) e ho raccolto le foto di questo periodo nell’album dedicato:

Diario dei giorni Coronavirus

Salvate anche voi da qualche parte le (vostre) parole, letture, foto… a futura memoria.
Per ricordarci dove eravamo oggi, quando tutto questo sarà (si spera) un lontano ricordo.

[La foto qui sotto l’ho scattata una sera portando giù l’immondizia… una “botta di vita”, commentata con un po’ di ironia]

Informazione ed emozione

Di Covid-19 se ne parla ormai abbondantemente, l’OMS ha dichiarato l’altro giorno la “pandemia” e la fatica mentale si sta facendo sentire.

[Immagine ©JohnHopkinsMedicine]

Personalmente, la fatica si è presentata la scorsa settimana sotto le spoglie di una sensazione di sconforto emotivo attraverso un senso di smarrimento e di malinconia, comparsi a tarda sera. Che si sono insinuati al calare della luce e – mano a mano che il buio avanzava – sono aumentati di intensità.

Ho provato anche una sensazione di solitudine.
E ho sofferto nel leggere le cronache dei medici, del personale e dei pazienti in Terapia Intensiva, rivivendo con nitidezza emozioni relativamente recenti.

D’altro canto non ho mai pensato per un momento che si stia andando verso l’apocalisse, ma sicuramente ho pensato (e penso tuttora con maggiore lucidità) che stiamo andando verso una nuova realtà.
Che si può intuire in parte, ma forse anche no.

[Photo by Macau Photo Agency on Unsplash]

E stamattina, leggendo gli articoli de Il Post “Cosa rende così contagioso il coronavirus” e “I farmaci contro l’artrite reumatoide per trattare i casi gravi di COVID-19” (mettendo insieme riflessioni fatte in queste ultime 48 ore con altre persone, “mai avuto un periodo di conversazioni [virtuali] così fitte come in questi ultimi giorni” mi dicevo tra me e me ieri sera), ho ripensato ad una metafora che ho usato recentemente in un video pubblicato su Facebook qualche giorno fa, in piena escalation.

In particolare ho usato la metafora della prateria legata alla velocità di propagazione di Covid-19.
La prateria intesa come una distesa priva di ostacoli, che consente al vento di muoversi veloce e agli animali (di qualsiasi specie essi siano) di correre altrettanto veloci.

[N.B: l’articolo menzionato nel video è “Coronavirus, i numeri cominciano a parlare ma è difficile capirli. Ecco perché.]

Ecco, il contagio da parte del Coronavirus lo vedo così.

Non ha (per ora) ostacoli: che siano essi vaccini o difese immunitarie (fatto salvo l’avere un fisico in grado di reggere e contrastare l’attacco, sviluppando degli anticorpi tali da non portarti in ospedale o – peggio – in Terapia Intensiva).

E nel frattempo mi sono resa conto che – passata la scorsa settimana con i due momenti di sconforto ed entrata da mercoledì 11/03 in modalità smart working – mi sto adattando ed abituando alla nuova situazione (è stato immediato nella mia testa il rimando al concetto di adattamento della specie).

Un adattamento frutto forse di una reazione al down emotivo.
Reazione che è andata a pescare le risorse già utilizzate due anni fa proprio in questo periodo.
Reazione che fa capo a due parole: razionalità e informazione.

Una razionalità che – supportata dalla informazione – mi consente di gestire la parte emotiva (assai agitata e sfiancante).

Una informazione che sto sfrondando a favore di una tipologia precisa.
Quella scientifica.
Quella che mi aiuta a comprendere.

[Foto di CDC su Unsplash]

Perché se comprendo (o per lo meno cerco di capire, dando un ordine di misura alle cose e agli accadimenti), ragiono.
E se ragiono, la paura diminuisce.
Perché nominalizzo, creando delle similitudini e delle differenze.

Comporta fatica? Certo.
Comporta leggere montagne di informazioni? Certo.
Comporta valutare, vagliare, soppesare e scremare? Certo.

Ma personalmente la vedo come l’unica strada percorribile.
Per lo meno in questo momento.

Poi c’è anche il tempo delle riflessioni e delle dissertazioni filosofiche.
(La mente ha bisogno di divagare e vagare in modalità flusso di pensiero.)

Ma prima – per quanto mi riguarda – viene la scienza (in tutte le sue declinazioni) e il ragionamento.

Ragionamento che – insieme a informazione e razionalità – portano a valutare e trovare soluzioni.
Riducendo al minimo i momenti di paralisi da paura.

[Immagine di copertina del CDC su Unsplash]

Coronavirus e informazione

[Aggiornato con nuove fonti – 26 febbraio 2020]

Le foto qui sotto sono state scattate ieri sera da il babbo e me nelle due Esselunga di Cusano Milanino e Settimo Milanese. Due comuni che – per chi non è di Milano – si trovano ai lati opposti della città.

In questi ultimi giorni (e nello specifico nelle ultime 72 ore) ho letto di tutto e di più su profili social (soprattutto Facebook).
Opinioni che rasentavano il delirante in taluni casi.

E stamattina – scorrendo le informazioni su testate giornalistiche e agenzia di stampa (Ansa, Il Post, Corriere della Sera con escursioni [ieri] su Le Formiche [con un bel pezzo scritto da Andrea Fontana sulla “Infodemia”] e Oggi Scienza) – ho letto un editoriale di Luigi Ripamonti sul Corriere: Una prova di maturità.
Mi ha colpito un passaggio nello specifico.

I generi acquistati in eccesso non soltanto saranno poi indisponibili per chi, più debole, non avrà avuto la possibilità di partecipare alla corsa, ma ricadranno in diversa misura sulla filiera economica e contribuiranno ad amplificare l’ondata di irrazionalità.

E questa menzione del “più debole” mi ha fatto tornare in mente una immagine di domenica (sempre in Esselunga, in piena fase di assalto alle provviste).
Io e pochi altri con pochi generi alimentari, in coda alle casse self-service dei cestini.
Una signora anziana con nipote adolescente.
Entrambi un po’ intimiditi e spaesati (domenica pomeriggio sembrava fosse scoppiato un conflitto, non scherzo).
Coda (la nostra) un po’ disordinata; compressi e sopraffatti da carrelli stracolmi.
Ci siamo regolamentati stile studio medico: “Chi è l’ultimo?”
Nel movimento della coda ci siamo trovati un po’ disordinati e quando si è liberata una cassa, la signora anziana mi ha fatto cenno di andare avanti che toccava a me, quando in realtà toccava a lei.
L’impressione che avevo era che il caos e la folla la intimidissero non poco.
(Io osservavo stranita.)

Ecco, i “deboli” sono anche queste persone (così anche come coloro che soffrono di intolleranze alimentari o altre problematiche/patologie più o meno gravi, come mi ha fatto giustamente notare un contatto su Facebook, che sono costrette a tenere un determinato regime alimentare e che potrebbero non trovare gli alimenti adatti a loro perché precedentemente – compulsivamente – saccheggiati).

Photo by Markus Spiske on Unsplash

Persone sopraffatte da questa “mandria” (e uso il termine con discernimento, intendendo proprio il “comportamento epidemico” adottato in determinate situazioni) di individui fuori controllo nella cui testa scatta una dinamica primordiale governata dal cervello rettile (con la nota reazione “Fight or fly“) e assimilabile anche alla “Not In My BackYard” [NIMBY – il link rimanda alla versione inglese di Wikipedia, perché più neutrale rispetto alla versione italiana] che tante volte ci fa comportare in modo assolutamente illogico, distruttivo e inconsulto.
[Mi ha fatto pensare alla sindrome NIMBY anche questo trafiletto su La Stampa, che invita a riflettere su come muta la nostra percezione dei problemi in funzione della loro prossimità: Il coronavirus terrorizza, il clima no: come nasce la percezione del rischio]

“Mandria” facile preda di fake news e articoli strutturati secondo il sistema del click bait.

E come ho anticipato poco sopra Andrea Fontana, esperto di comunicazione, ha scritto un pezzo molto interessante (di cui condivido la riflessione) dedicato alla Infodemia:
Quando l’infodemia è più pericolosa di una epidemia
[Nel mentre scrivo questo articolo, il sito è irraggiungibile. Spero che il link venga ripristinato al più presto.]
Ne cito un passaggio breve, invitandovi a leggere l’intero articolo:

[…] l’epidemia cognitiva sta mettendo in evidenza i limiti dell’informazione nelle emergenze quando non è chiara, tempestiva ed univoca.

Il suo è un invito ad una comunicazione ponderata, equilibrata ed allineata.
Forse anche più lenta, ma non per questo meno capace di catturare chi (e sono la stragrande maggioranza purtroppo) legge solo le prime righe e non approfondisce.

Photo by Scott Webb on Unsplash

Nel contempo il non esagerare (il “non farsi prendere dal panico”) non vuol dire prendere la direzione contraria (spesso noi essere umani passiamo da un estremo all’altro, passando dal panico iper-conservativo all’incoscienza che supera ogni livello di irresponsabilità ad oggi conosciuto).
Non vuol dire essere incuranti degli effetti del Coronavirus, né essere incuranti degli effetti che una promiscuità può avere – con un effetto domino – su i “deboli” citati da Luigi Ripamonti nel suo editoriale.
Bensì significa prendersi il tempo per informarsi, da più fonti possibili.
Attendibili.
Il che – che ci piaccia o meno – comporta uno sforzo ulteriore di verifica della veridicità di quanto viene scritto.

In tema di informazione, chiudo questo post con il link ad alcuni articoli:

Un articolo molto interessante che spiega le dinamiche del contagio:
Coronavirus, la matematica del contagio che ci aiuta a ragionare in mezzo al caos

Il sito del Ministero della Salute dedicato al Coronavirus, che divulga i dati in tempo reale:
Nuovo Coronavirus

La sezione del Corriere della Sera dedicata espressamente al tema:
Coronavirus, la parola alla scienza

L’intervista all’Infettivologo Massimo Andreoni:
Coronavirus, Massimo Andreoni: «Più casi in Italia? Perché li cerchiamo. All’estero meno»

Su Oggi Scienza:
Quel che bisogna sapere adesso che il coronavirus è in Italia

Foto di copertina di Joël de Vriend su Unsplash