E alla fine l’onda lunga è arrivata.
Dopo un anno e mezzo è arrivata.
Si è manifestata ieri sera sul tardi e mi ci sono dovuta immergere per aiutarmi con la pressione emotiva che aumentava gradualmente il peso sul cuore, accorciando anche il respiro.

La aspettavo e sapevo che era solo questione di tempo.
Che sia stata provocata dal nervosismo di questi giorni, o che il nervosismo di questi giorni fosse un segnale, poco importa.
È arrivata.
Ed è stata forte.
Gentile ma di una forza ferma e crescente.
E nel mezzo dell’onda (nel mentre annaspavo cercando un modo) mi sono tornate in mente due considerazioni fatte dal responsabile e dalla psicologa della Terapia Intensiva: il primo mi disse che era “straordinaria la capacità di elaborazione che avevo sviluppato [riferendosi a tutto il processo di scrittura condotto immediatamente a valle dell’evento]”, mentre la seconda mi aveva parlato di “presenza interiore”.
Sto… tubo!, ho ruggito nella mia testa ieri sera a tarda ora con un barlume di lucidità, nel mezzo dell’onda emotiva.

E mi sono ricordata anche di quello che mi disse una amica l’anno scorso: mi disse che il tempo sulla lunga distanza (purtroppo) avrebbe fatto sentire la mancanza.
Così come un’altra amica qualche giorno fa, davanti ad un caffè, mi ha confessato che dopo tanti anni non ha ancora metabolizzato l’assenza.
Temo in questi mesi di essere stata sempre in fuga.
Tradendo – tra l’altro – me stessa.
E la promessa che mi ero fatta dopo quello che era successo.
Quella di voler godere delle cose belle, dei libri, delle passeggiate, dei momenti di relax…
Invece ho saturato il tempo in ogni anfratto, fuggendo.
Fuggendo dai Dàimon (di filosofica memoria) che una (terza) amica mi aveva suggerito di fermarmi e accogliere.
E l’onda lunga di ieri sera (portata, o forse portatrice del Dàimon) si è presentata all’uscio con il conto emotivo da saldare.
Stamattina è tornata la quiete.
[Le foto di questo post sono di Engin Akyurt from Pexels]
