Natale

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Quest’anno ho ancora meno voglia del solito di festeggiare il Natale.
Quel Natale dove devi adempiere a tutta una serie di doveri e devi per forza essere felice e buono.

Io quest’anno proprio non ci riesco.

Anche se vedo più discrezione in giro, e molta meno ostentazione, non riesco a farmelo mandare giù.
Non riesco a dirmi: “Sii grata e festeggia per quello che hai!”
Sì, sono grata e ringrazio Dio ogni santo giorno per quello che ho.
Ma da qui, a festeggiare e manifestare felicità, devozioni e gratitudini varie ce ne passa.

Non sto a menzionare le brutture, i drammi e le ingiustizie alle quali si assiste quotidianamente e passivamente, guardando attraverso lo schermo, o – semplicemente – camminando per strada.

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Ma proprio per questo oggi, più che mai, ostentare mi sembra uno schiaffo morale in faccia a chi non ce la fa o si trova in situazioni drammatiche che – abituata al calduccio della mia tana – non sarei minimamente in grado di affrontare (salvo forse pensando alla sopravvivenza).

Ma questo disagio penso (e spero) stia portando in superficie qualcosa di più silenzioso e più prezioso: il rapporto umano.
Una cosa talmente ricca (nel bene e nel male) da rendere tutto il resto superfluo e – talvolta – stucchevole.

Sono sempre stata una persona poco propensa a parlare.
Poco telefonica e poco chiacchierona.
Poco incline a raccontare di persona, a voce, e più propensa a scrivere qualcosa qui e là sui social e via mail. Affidando alle parole scritte pensieri che mi risulterebbero difficili da esprimere a voce.

Ebbene, in questi ultimi mesi credo di non avere mai parlato così tanto con le persone.
Di avere ascoltato storie.
Di avere cercato di trovare soluzioni a fatiche e conflitti personali miei e altrui (su questa ultima cosa dei conflitti devo lavorare ancora tanto).

Ho parlato con persone entusiaste e persone sconfortate.
Ho recuperato rapporti e ne ho persi altri, a cui tenevo molto.

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E tutto questo mi ha fatto ritrovare, ma forse soprattutto scoprire, l’importanza delle parole dette a voce.

Mi ha fatto vivere il disagio (costruttivo) di dover cercare soluzioni a situazioni complicate, parlando.

Oggi pomeriggio ho visto un video registrato con una telecamera nascosta, che mostrava una persona che regalava un pacchetto a dei senzatetto a Milano. Le loro reazioni di reale gratitudine e le lacrime a cui alcuni si abbandonavano, mi ha fatto sentire ancora di più la mia superficialità ed inutilità. (Il pacchetto conteneva un paio di guanti imbottiti. Una merce preziosissima per chi vive in mezzo ad una strada.)
Davanti a chi non ha nulla e nessuno, mi sento sempre impotente.
E questo piccolo video, unito al semplice ascolto di chi ti circonda e a quello che vedi e leggi, mi ha fatto capire ancora di più quello che è veramente importante.

Avere cura di chi ci è caro. Senza dimenticare gli altri, tutti gli altri.

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Ecco che stare a fianco dei miei genitori, di persone a cui voglio bene, di persone che magari conosco poco ma che condividono il loro tempo con me e con altri, regalandolo, è forse la sola cosa più importante per me.
E di cui sono veramente riconoscente.
Tutto il resto è relativo.

E spero che anche tu, che leggi questo piccolo post, possa apprezzare e trovare quello a cui più tieni e te ne possa prendere amorevolmente cura.

Buon Natale.

[Tutte le immagini di questo post provengono da Varese News, pubblicate come calendario dell’avvento nel 2010]

12 pensieri riguardo “Natale

  1. È un brutto momento. Io penso ai migliaia di bambini di Aleppo, uccisi con crudele volontà. È al chiasso sul referendum Italia, elezioni USA. Non sono forse robetta al confronto? Macché!

    1. Ciao Giuliano, sì, lo squilibrio è talmente alto da risultare straniante e assurdo.
      E forse è proprio per questo che – non so tu – ma io sento la necessità di mettermi in ascolto dell’altro, abbassando il volume della cacofonia assordante.
      È una ingiustizia. È crudele.
      Ma questo – secondo me – deve farci dare più importanza alle cose che realmente contano.
      Un abbraccio e Buon Natale

  2. Da qui hai iniziato:
    “Quest’anno ho ancora meno voglia del solito di festeggiare il Natale.
    Quel Natale dove devi adempiere a tutta una serie di doveri e devi per forza essere felice e buono.”

    E qui sei arrivata:
    “Ecco che stare a fianco dei miei genitori, di persone a cui voglio bene, di persone che magari conosco poco ma che condividono il loro tempo con me e con altri, regalandolo, è forse la sola cosa più importante per me.
    E di cui sono veramente riconoscente.
    Tutto il resto è relativo.

    Quindi il Natale si è compiuto!

    Dal “dovere” all’ “amare”. Dallo “sforzo” al “dono”…

    Non dimentichiamo da cosa, o meglio da Chi prende origine il Natale (che ci si voglia credere o meno).
    Da chi possedeva tutto e di tutto si è spogliato, da chi tutto poteva pretendere e tutto si è donato.

    In un Tempo, né più bello, né più brutto del nostro. In un Tempo non meno ingombro di brutture e di ingiustizie… eppure.

    Buon Natale Barbara.

    1. Ciao Bariom,
      grazie! Grazie per la tua analisi di consapevolezza.
      Ho scritto a ruota libera, mettendo in fila dei pensieri e adesso vedo il punto di partenza ed il punto di arrivo.
      Grazie e Buone Feste anche a te!

    1. Ciao!
      Forse io mi sono autoisolata per vedere meno opulenza. (In effetti sono stata più “ritirata”)
      È andata, dai!
      Capisco anche che le persone abbiano bisogno di bellezza, di luci e di cose belle da vedere. Troppa serietà non risolve.
      Però più consapevolezza forse sì…

      1. Se ci fosse più consapevolezza sarebbe un mondo diverso e non credo che nemmeno che faremmo caso a luci e addobbi. Forse non ci sarebbero neanche perché con un minimo di consapevolezza forse quei soldi verrebbero impiegati in altre cose ma questo è solo il mio pensiero…

      2. @sptlv, con un “minimo di consapevolezza”, soprattutto di chi gestisce “l’alta finanza” (alta solo come volumi di denaro) ci starebbero luci e addobbi e anche il Resto…

        Anche le persone più povere e nei paesi più poveri, quando c’è da festeggiare festeggiano. Ognuno con il meglio che ha e anche qualcosa in più.
        La “festa” è (o dovrebbe essere) segno esteriore di una gioia, allegrezza interiore, che porta a desiderare anche di condividerla.

        Soldi tanti o soldi pochi, se non si ha “festa nel cuore” c’è poco da festeggiare e solitamente ci infastidisce chi festeggia. le luci e tutto il resto…

        Buone FESTE 😉

  3. Quello che mi infastidisce non è la festa ma l’ipocrisia, ma tutti affranti per la Siria, per il personaggio celebre di turno che muore ma che non si conosceva fino all’altro giorno, per la crisi è le preoccupazioni che vanno si pari passo. Non dico che la vita si debba fermare ma a un certo punto toccherà pur prendere una posizione. È una festa di valori o di mero consumismo? Se la festa è nel cuore non c’è bisogno di nient’altro (imho)

    1. Sappiamo benissimo che dietro molte feste c’è solo un spinta consumistica… c’è poco da dire, è la soscietà che ci siamo costruiti e contribuiamo a mantenere…

      Perché aprono tutti i centri commerciali di Domenica? Eppure sono sempre pieni… e amen per chi ci deve lavorare.
      Io la mia posizione a riguardo l’ho già presa, ma non pare faccia una gran differenza 😉

      Sulla festa vera e del cuore, non concordo, ma la mia opinione vale quanto la tua.

      1. Ciao ragazzi!
        Mi scuso per avere sbloccato solo ora il commento di “Bariom” (ero convinta di averlo fatto…) e mi scuso per essere stato più spettatore che moderatore e “dialogatore” di questo dibattito sul Natale.
        Non ho molto da aggiungere a quello che avete già condiviso tra di voi (e vi ringrazio per questo).
        Anche se sembrerà strano, condivido entrambi i vostri punti di vista.
        Li sento come due lati della stessa medaglia, la cui lettura può variare a seconda del punto di osservazione.
        (Penso ai simboli della festa che si “manifestano” in addobbi che – se strumentalizzati – perdono il loro significato.)

        Quest’anno che si chiude è sicuramente più tosto di altri (o forse lo stiamo vivendo in maniera più tosta).
        E quello in cui voglio confidare (quello in cui spero) è che piano-piano, quello a cui siamo inevitabilmente esposti, “ci lavori i fianchi” rendendoci più ricettivi verso valori che (se si sente necessario) possano trovare anche una giusta concretizzazione in oggetti utili a ricordare e sensibilizzare chi non riesce a rinunciare a riferimenti “concreti”.

        Credo (e spero) che certe opulenze strumentali che stanno mostrando la corda, si andranno a spegnere gradualmente, lasciando spazio alla bellezza della semplicità.

        Buon inizio del 2017!

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