Vacanze: tempo di riflessioni

Immagine tratta da blog.tagliaerbe.com

Oggi – lunedì 31 agosto 2015 – si può dire che sia l’inizio di un nuovo anno (una data più significativa – almeno per me – di quella tradizionale del 1° gennaio).
Una data che può significare una ripartenza. Un nuovo inizio.
Preceduto da una pausa (una vacanza) più o meno lunga.
Pausa che può essere stata declinata in vari modi: riflessione, svago, …

Per me è stato anche un momento di riflessioni, di bilanci e di pensieri sul futuro.
E proprio in questi giorni di pausa mi è capitato di leggere un po’ di articoli e di post sulle professioni e sul lavoro.

Due mi hanno colpito particolarmente:

  • uno era un’intervista comparsa su Corriere Innovazione di un giovane imprenditore che si lamentava del fatto che non riesce a trovare giovani che vogliono mettersi in gioco (parlava anche di regolare assunzione);
  • il secondo è relativo ad una ricerca su alcune figure professionali legate alla comunicazione digitale (ho scorso la pagina per curiosità, leggendo di competenze dai termini “astrusi” che poi – forse – ridotte all’osso vogliono dire cose molto semplici).

Leggendo questi articoli (ma anche altri contributi) la domanda che mi è sorta spontanea è: ma una persona della mia età [ho 47 anni, n.d.r.], che cerca di capire come il mondo sta cambiando, che cerca di cavalcare come meglio può il cambiamento, che cerca di restare al passo (senza conoscere molti dei termini astrusi che vengono snocciolati come un rosario negli ultimi tempi), che investe tempo-testa-energia per formarsi… ha futuro? Oppure è destinato comunque ad estinguersi (come i dinosauri)?

Se uno si incaponisce nel voler assumere giovani (che non ne vogliono sapere, ammesso che sia così…), perché non prova anche a valutare candidature con età maggiore, che forse hanno più esperienza, e hanno grandi bagagli di competenza che possono mettere a disposizione?

Capisco che la linguistica, ed il suo uso sapiente, possono fare da filtro e da prima scrematura, ma perché non si prova a semplificare il linguaggio in modo da attrarre anche chi ha competenze maturate consapevolmente (o anche inconsapevolmente), facilmente verificabili online (e offline) e può condividere l’esperienza accumulata nel tempo?

Tutto questo (e altro ancora, che mi capita di leggere navigando nel web) mi ha fatto ricordare un annuncio che avevo letto anni fa su “Corriere e Lavoro”.

L’annuncio recitava (più o meno): “Azienda XYZ ricerca per inserimento nel proprio organico laureati in XKW, massimo 27 anni, pluriennale esperienza maturata in ambito YYY, conoscenza X lingue (livello madrelingua), conoscenze informatiche di [elenco di una serie di software], […]“.
Un elenco di svariate conoscenze e competenze oggettivamente impossibili per un laureato da pochi anni.
In sostanza “odorava” di una immensa presa in giro e di scarsissima serietà: veniva voglia di scrivere e chiedere se erano sicuri di quello che avevano pubblicato.

(Senza contare la mia personale esperienza con una nota agenzia di “head hunter”: arrivata mi diedero un questionario da compilare fatto di tante crocette, dopodiché feci un colloquio con due ragazzi che avevano la metà dei miei anni [lui si atteggiava a manager, lei sembrava una velina]. Ricordo che uscita di lì mi domandai cosa prevedeva la loro procedura quando si presentava un manager di 50-55 anni…)

Davanti a questi episodi e a queste letture, ti fai delle serie domande.
Sul tuo futuro, sulla tua professionalità.
Su cosa ti aspetta da qui ai successivi 20 anni di lavoro.

Ed in momenti nei quali la stanchezza si fa sentire, ti capita di dire al babbo (tornando a casa assieme a lui una sera di qualche settimana fa): “Io vado a fare il contadino. Mi sa che è meglio.”
O forse no.

Buona ripresa!

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