Riflettendo sul Cambiamento e sulla fatica del vivere il cambiamento, mi è capitato di trovare questa frase (“Saper Attendere” di Francesco Gambino):
“La fretta è sovente “cattiva” consigliera. Nella vita è bene avere pazienza e saper aspettare. Non sempre è possibile esaudire i propri desideri in modo immediato. Alcuni hanno bisogno di tempo, forse di molto tempo, per realizzarsi. Allora la cosa importante da fare è non essere impazienti, ma avere fiducia e crederci. E, con convinzione, attendere il momento giusto. Un giorno, quando forse meno te lo aspetti, qualcuno busserà alla tua porta… Non meravigliarti se, per caso, è la ricompensa che aspettavi che è venuta a cercarti!“
Allora mi è tornato in mente un libro che ho letto questa estate: “Quando tutto cambia, cambia tutto” di N. D. Walsh [L’autore è lo stesso di “Conversazioni con Dio”].
Quello che mi ha profondamente colpito è il concetto che il “Cambiamento” (voluto o non voluto, lento o veloce) è sempre un evento che conduce verso una situazione migliore: Madre Natura/l’Universo, quando produce un cambiamento, lo produce perchè la situazione attuale non è più sostenibile ed è necessario andare verso una nuova configurazione di equilibrio.
Secondo l’autore lo stesso concetto è applicabile ai cambiamenti che avvengono nella nostra vita anche se – durante tali fasi – può sembrare di vivere una situazione difficile e sofferta, e può sembrare anche di non avere nessuna via di uscita.
Questa chiave di lettura ha rappresentato, e rappresenta, una fonte di ispirazione e di motivazione ad attendersi qualcosa di diverso e positivo, predisponendosi ad un atteggiamento di “attesa” ed “accoglienza”.
E’ una “idea” da conservare nel proprio intimo come una calda coperta di conforto nei momenti di difficile transizione: transizioni che possono essere molto lente, nonostante le si voglia più rapide; transizioni che nel loro lento evolversi e nei loro momenti di stallo, sembrano mantenerti in uno stato di sospensione “eterna” che può generare disorientamento.
Ed i pensieri si dirigono verso altre riflessioni (collegate come da un filo invisibile) sul perchè non si è mai soddisfatti di quello che si ha…
L’insoddisfazione è generata dal cambiamento in corso o genera il cambiamento?
Perchè non si è soddisfatti di quello che si ha?
Forse perchè si è alla ricerca di quello che si è? Di cosa si è? (Consciamente o inconsciamente)
Forse ci si confonde tra ciò che si ha (e che definisce una facciata, un ruolo) e ciò che si è?
Le domande portano ed intraprendere un percorso di ricerca che conduce “da qualche parte”, senza sapere dove porterà mentre si muovono i primi passi. Forse si vorrebbe vedere subito il risultato senza attendere i giusti tempi di maturazione… Ma forse ci si dovrebbe ispirare alla natura per acquisire la “pazienza” nell’assistere/vivere il processo di cambiamento, utilizzandolo come momento di arricchimento.