Stamattina ho visto il trailer della nuova serie Marvel “Luke Cage” di produzione Netflix.
Ad un certo punto, nel filmato, uno dei protagonisti intervistati menziona il “viaggio dell’eroe”.
Il viaggio dell’eroe è stato spiegato e “sistematizzato” da Christopher Vogler. E viene utilizzato ormai quasi ovunque (declinato in molti modi) per strutturare e raccontare storie. Siano esse personali e/o aziendali.
Può sembrare strano che queste 3 parole abbiano catturato la mia attenzione nel mezzo del flusso di sequenze e mini-interviste ai protagonisti, ma c’è un motivo che vado a spiegare più sotto.

Ormai credo si sia codificato (quasi) tutto in ambito personale (e aziendale): coaching, strategie di business, analisi SWOT, Business Model Canvas, narrazione (ho perso il conto dei prefissi anteposti alla parola “telling”… e anche sull’uso del termine in inglese si potrebbe aprire una riflessione).
[Stamattina ho ricevuto la newsletter di Daniel H. Pink, nella quale viene menzionato un libro di recente pubblicazione: Designing Your Life: How to Build a Well-Lived Joyful Life. Non ancora disponibile in italiano, da quello che mi pare di comprendere è la applicazione alla vita personale dei concetti e strategie di Design Thinking normalmente utilizzati per progettare prodotti.]
Confesso che questa estrazione/applicazione di strategie spinta – talvolta – all’eccesso mi genera dei dubbi.
Dubbi che mi pongo ormai con una frequenza sempre maggiore, e che si estendono anche ad altre aree (recentemente ragionavo sulla Complessità e Semplificazione).

Perché?
Perché questa “estrazione forzata di strategie” forse fa perdere un po’ della magia tipica delle storie. Quella magia alchemica che fa si che ci si senta coinvolti, che si instauri un rapporto empatico con il protagonista della vicenda che stiamo seguendo. E che – nel caso di romanzi – arriva a far apparire reale quello che può essere anche puro artificio.
[E a proposito di storie segnalo due articoli interessanti in tema di lettura dei romanzi e di lettura ad alta voce (da non sottovalutare): Perché leggere romanzi cambia il cervello – Idee 136 – Leggere storie ad alta voce ai bambini fa bene anche agli adulti: alcuni consigli.]
Poi la sottoscritta si accorge che fa sempre più fatica a leggere manuali e saggi, mentre è sempre più alla ricerca di romanzi (Leggere: manuali o storie?), combattendo contro la personale paura di non imparare nulla (“dai manuali imparo, dai romanzi no”, mi dico… una bella convinzione limitante, per usare un termine caro al coaching, che torna con sistematicità ad intervalli regolari)

Attenzione però, non rifiuto totalmente le strategie (puoi avere una bella storia da raccontare, ma se non sai farlo rischi di non riuscire a comunicarla bene). Ma penso anche che non ci si possa affidare totalmente ad esse, pensando che siano la “soluzione-mamma”.
E davanti alla proliferazione di sistematizzazioni, ripenso alla magia citata all’inizio di questo post. Penso a dove possa essere recuperata questa magia che talvolta appare sacrificata o – peggio ancora – nascosta.
E credo che si trovi nella unicità della persona.
Nella unicità delle proprie esperienze vissute e percepite.

Perché ognuno di noi è fatto in un modo tutto suo.
E vive e legge ciò che gli accade secondo un suo modo.
E forse sta tutta lì la personalissima declinazione della meta-struttura del “viaggio dell’eroe”.
(Detto ciò, anche Luke Cage entra nella lista delle serie da vedere…)