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BARBARA OLIVIERI

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Non solo un(a) architetto

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Tag: dialogo

Considerazioni sull’uomo e sul Papa Emerito

4 gennaio 20235 gennaio 2023 ~ Barbara Olivieri ~ Lascia un commento

Articolo molto delicato su argomento altrettanto delicato. Me ne rendo conto.

Ma ti chiedo di seguirmi in questa riflessione nella quale cerco di guardare da una “terza posizione” il più possibile neutrale. Prendendo le distanze da giudizi, convinzioni e posizioni su uno dei temi più delicati in cui ci si possa imbattere (perché tocca le identità ed i valori di ognuno di noi, da qualsiasi parte ci si trovi).

Eccomi quindi qui con alcune considerazioni sulla figura del Papa Emerito Ratzinger.
Considerazioni che mi sono sorte leggendo sui social alcuni post “di pancia” condivisi alla notizia della sua morte. Post che tradiscono malcelato disprezzo e malcelata indifferenza.

La prima riguarda la figura di Joseph Ratzinger.

Quando diede le dimissioni ebbi la personale sensazione che la sua decisione fosse dettata dal non riuscire più a reggere la pressione del ruolo.
Un ruolo che richiede un tenuta emotiva e mentale non indifferenti, unito ad un carattere d’acciaio (al di là di come la si pensi).

Ratzinger era un teologo.
Ed era il teologo di Wojtyla.

Se mi si concede il paragone: Wojtyla era uomo da palco, carismatico che arringava le folle; Ratzinger era l’uomo che curava i contenuti.

E – se hai costruito la tua vita sullo studio – trovarti catapultato sotto i riflettori (per esigenze di continuità con il tuo predecessore), con gli occhi del mondo puntati addosso, investito non solo della carica di guida spirituale, ma anche a capo di una “azienda” enorme, longeva e che ha parecchi problemi, non è facile.

Sfido chiunque a tradurre in fatti le idee e i progetti rivoluzionari che si hanno in mente in una “condizione aziendale” di quel tipo.
Se poi sei una persona con quel percorso, quel carattere e quella formazione è praticamente (quasi) impossibile.

E qui arrivo alla seconda considerazione relativa ai giudizi tranchant davanti a posizioni che non condividiamo (i post che ho letto in questi giorni).

Ratzinger faceva il suo “mestiere”.
Di teologo e – di conseguenza – di difensore delle idee di cui è portatrice l’Istituzione in cui credeva e di cui era il primo rappresentante.
Non se ne esce.
Ci si può indignare – ed esprimere il proprio disappunto – quanto si vuole, ma questo è.

Ha fatto quello che ci si aspettava da lui e quello che il suo ruolo richiedeva.

E questo mi fa pensare ancora una volta che non è con la contrapposizione che portiamo a casa un risultato.

L’intelligenza sta nel trovare il “punto di ingresso” davanti alla graniticità dell’interlocutore (Istituzione).
È un lavoro faticoso, certosino, difficile.
Un lavoro lento, che richiede tempo, pazienza e molta calma.
Un lavoro di negoziazione, di concessioni date per ricevere (altrettante) concessioni (do ut des).

Certo, questo non garantisce il risultato ma alza le probabilità di riuscita rispetto a proclami, urla e drastiche prese di posizione.
Queste ultime vanno benissimo per proteste di piazza (reali o virtuali) che però, se non sono sostenute da momenti più strutturati di interlocuzione, lasciano il tempo che trovano spegnendosi.

[Foto di Simone Savoldi su Unsplash]

Una nota aggiuntiva: a questo link un articolo in ricordo di Ratzinger scritto da Don Giulio Della Vite (Segretario Generale della Diocesi di Bergamo). A mia volta ho avuto l’onore di affiancare Monsignore Della Vite nella preparazione del suo Talk per TEDxBrianza: ascoltandolo e affiancandolo ho imparato tantissimo.

Comunicazione in situazioni di salute compromessa

4 giugno 20224 giugno 2022 ~ Barbara Olivieri ~ 3 commenti

In questi giorni (e – in modo meno consapevole – in queste ultime settimane) mi sto rendendo sempre più conto (se mai ce ne fosse bisogno) di quanto sia difficile comunicare.

Riuscire a comunicare (e a farsi capire) dal proprio interlocutore, attraversando il filtro delle credenze, dei valori e delle emozioni di chi ci ascolta (di chi sta udendo le nostre parole, che non vuol dire necessariamente “ascoltare”).

Questo avviene di norma.
Quotidianamente.

Se poi ci si trova in una situazione di crisi come – per esempio – la presenza di una malattia grave che colpisce un tuo “caro” (che sia un amico o un parente più o meno stretto), dove ci sono in gioco emozioni molto forti, stress ed un processo di negazione in atto, diventa ancora più complesso.
(E dove il processo di negazione può coinvolgere tutti gli attori coinvolti, interni ed esterni all’ambito familiare.)

E se – ulteriore gradino – tu non sei un elemento direttamente coinvolto (familiarmente), ma sei un esterno (comunque interessato emotivamente), la situazione è ancora più complessa.
Con la variabile aggiuntiva di un recepimento delle informazioni probabilmente parziale, probabilmente filtrata (in termini di contenuti e di presenza di un filtro emotivo).

Una situazione dove tu – esterno ma emotivamente coinvolto – non puoi (e non devi, se non ti è espressamente richiesto) interferire.
Dove puoi suggerire degli strumenti che non è detto vengano utilizzati (e per questo non devi frustrarti).
Dove devi essere in grado di individuare linee di demarcazione di azione e di comunicazione che non possono (e non devono) essere superate.

Tutto questo in una configurazione di rete di comunicazione che vede medico-parente-paziente come una galassia dove tu (esterno) sei un satellite. Più o meno ascoltato e considerato (per i motivi più disparati che possono esserti o meno noti).

La comunicazione è un processo complesso.
La comunicazione in una situazione di salute compromessa è un processo complesso e assai delicato.

Dove il “distanziamento emotivo” non deve essere interpretato come una disumanizzazione, bensì come una ricerca e acquisizione di lucidità.
Lucidità di comunicazione (emittente) e interpretazione (ricevente).

Una lucidità necessaria (seppur talvolta difficile da applicare) per acquisire informazioni attraverso ricerche e per poter fare le giuste domande, le più accurate possibili (talvolta scomode ma necessarie), per avere chiarezza di visione e di possibili percorsi intrapresi.

Una lucidità necessaria (seppur talvolta difficile da applicare) per affrontare i problemi che possono essere di una enormità emotiva difficile da accettare. E che nella loro enormità emotiva possono essere intimidatori, non consentendoti di avere la forza (e quindi la lucidità) necessari per gestirli.
Senza per questo negare le (necessarie) emozioni che essi generano e che devono essere gestite con consapevolezza (riconoscendole e non negandole) e (appunto) con lucidità.

Nell’interesse del tuo caro-paziente-amico che è al centro di questo universo non solo medico ma anche comunicativo.
Caro-paziente-amico che va tutelato, rispettato, protetto e accompagnato.

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Per scrivermi: barbara@barbaraolivieri.com

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